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“I VERI LIBERALI” di Roberto Sorcinelli, leader del PLI.

“I VERI LIBERALI” di Roberto Sorcinelli, leader del PLI.

Mai come in questi ultimi anni abbiamo vissuto l’incertezza del presente e la preoccupazione per il futuro.
Due anni di pandemia, lockdown e privazioni della libertà hanno messo a dura prova l’energia e la psiche delle persone. I liberali, in particolare, hanno spesso vissuto con grande insofferenza le imposizioni, spesso irragionevoli ed eccessive, di uno Stato che
ormai sente di poter entrare persino negli spazi più intimi dei propri cittadini, non più considerati tali ma come semplici sudditi.
Alcuni diritti fondamentali, come il lavoro, sono stati sacrificati sull’altare della gestione dell’emergenza pandemica.
Eppure i dati ci dicono, inequivocabilmente, che l’Italia – tra i Paesi più rigorosi nella privazione delle libertà – è tra i Paesi che hanno subito le perdite maggiori.
È quindi giusto e doveroso interrogarsi se una diversa gestione delle emergenze, meno invasiva e limitativa delle libertà individuali fosse possibile e, anzi, preferibile.
La mancanza di un Partito Liberale forte nella vita politica del Paese è stata determinante nel consentire questi eccessi. Anche per questo, i veri liberali oggi devono battersi per la ricostruzione del Partito Liberale Italiano e ravvivare il fuoco del vero liberalismo.
Ma qual è il vero liberalismo? Chi sono i veri liberali?
Se ti è concessa, non è vera libertà.
La libertà è innata nell’uomo, gli appartiene per natura, non è e non potrà mai essere la graziosa concessione di qualcun altro.
Questo distingue i veri liberali dai collettivisti e dagli statalisti mascherati.
I falsi liberali vi diranno che sono tali perché si battono per questo o quel diritto fondamentale. Ma non capiscono la differenza tra libertà e diritto: il diritto è concesso dallo Stato, la libertà viene prima di esso.
LE MINACCE INCOMBENTI.
Credo che tra di noi non ci sia qualcuno che non guardi con preoccupazione alla situazione italiana e al proprio futuro.
Due anni di pandemia hanno causato danni enormi al tessuto produttivo del nostro Paese.
Ora la guerra in Ucraina e, per quanto ci riguarda, la guerra del gas e dell’energia.
Ci siamo improvvisamente resi conto di essere totalmente dipendenti dall’estero per l’approvvigionamento di energia. Questo perché negli anni abbiamo perseguito una politica energetica miope e preda di ideologie scientificamente errate. La guerra
ideologica scatenata contro l’energia nucleare sull’onda dell’emozione e non dettata dalla ragione e dall’evidenza scientifica, ci ha condotto ad essere quasi totalmente
dipendenti dai combustibili fossili per la produzione di energia elettrica. Le politiche scellerate dei governi di sinistra e dei populisti a cinquestelle ci hanno portato a dipendere dalla Russia per oltre il 45% della fornitura di gas naturale. E l’aggressione all’Ucraina e le conseguenti sanzioni hanno drammaticamente scoperto questa
gravissima debolezza.
Le famiglie e le imprese, già gravemente danneggiate da due anni di pandemia, devono ora affrontare l’assurda impennata dei costi dell’energia elettrica e del gas: bollette decuplicate in certi casi, che costringeranno le famiglie ad intaccare i propri risparmi e
spingeranno moltissime imprese alla chiusura.
E imprese chiuse significa posti di lavoro persi, stipendi persi e famiglie senza più un reddito.
Tutto questo in una situazione già gravemente compromessa per il nostro Paese. Eppure una soluzione a tutto questo ci sarebbe. Sono le proposte liberali.
PRIMO PROBLEMA: LA SPESA PUBBLICA.
La crisi è certamente aggravata dalla guerra in Ucraina e da due anni di pandemia, ma le radici della crisi economica italiana sono ben più profonde.
Le vere cause di questa crisi si chiamano: spesa pubblica impazzita, debito pubblico e interessi sul debito che mortificano qualsiasi tentativo di ripresa.
Cominciamo dal debito: a marzo 2022 il debito delle Amministrazioni pubbliche ammontava a 2.755 miliardi di euro, pari al 152,6% del PIL.
La spesa pubblica in Italia quest’anno sfonderà il tetto dei 1000 mille miliardi di euro!
Di questi, si stima che almeno 200 miliardi siano sprechi o, comunque, spese che potrebbero essere evitate, senza intaccare il livello dei servizi pubblici, se la macchina amministrativa fosse più efficiente.
Capite bene che con questi numeri ogni tentativo di uscire dalla crisi è come scalare un’immensa montagna!
Ma di chi è la colpa di questa situazione?
Certamente i colpevoli sono tanti, ma due in particolare: la sinistra e i cinquestelle, che negli ultimi anni hanno letteralmente devastato i conti dello Stato, con reddito di cittadinanza, mille bonus e mance elettorali varie.
Pensate che il PD ha governato per dieci degli ultimi undici anni, con questi risultati:
• il PIL non solo non è cresciuto, ma è addirittura diminuito dell’1,4% mentre, per
esempio, in Germania è cresciuto di quasi il 13% nello stesso periodo
• il debito pubblico è passato dal 119% a oltre il 150%
Non basta: la pressione fiscale è cresciuta di oltre due punti percentuali, la Giustizia è
molto più lenta di prima, gli stipendi sono diminuiti, così come il potere d’acquisto delle
famiglie.
Vogliamo parlare dei bonus elargiti a piene mani grazie alle politiche populiste? Le norme sono scritte talmente male che le persone oneste hanno grosse difficoltà, ma in compenso le truffe hanno ormai superato i 5 miliardi di euro!
Insomma, tra politiche sbagliate e incapacità dei populisti dilettanti, i conti dello Stato sono al collasso.
E indovinate chi dovrà pagare questo conto?
Esatto, i contribuenti italiani, quelli che già subiscono la pressione fiscale tra le più alte al mondo!
IL TAGLIO DELLA SPESA PUBBLICA
In questa situazione parlare semplicemente di riduzione delle tasse non è sufficiente. O meglio, è doveroso, visto che la pressione fiscale ha raggiunto livelli insostenibili, impoverisce le famiglie e soprattutto mette fuori mercato le imprese.
Ma prima di parlare di riduzione delle tasse, bisogna tagliare drasticamente le spese dello Stato e delle Regioni. Altrimenti, semplicemente, non si è credibili.
Se le cose procederanno di pari passo, il taglio delle tasse può diventare realtà.
UN ESEMPIO CONCRETO: L’INGHILTERRA DELLA THATCHER
Pensate che la ripresa sia difficile o che ci vorranno molti anni per uscire dalla crisi?
Non necessariamente.
Forse qualcuno si ricorda dell’Inghilterra degli anni ’70.
L’Inghilterra era il grande malato d’Europa, un po’ come la Grecia di ieri e l’Italia di oggi: inflazione alle stelle, sterlina debolissima, rivolte studentesche, terrorismo in Irlanda del Nord, alto tasso di criminalità, pile di spazzatura per le strade, scuole chiuse, ospedali
che operavano solo in casi estremi, sindacati onnipotenti con fortissimo potere contrattuale nonché in grado di bloccare ogni riforma del governo, scioperi selvaggi e non annunciati, addirittura cadaveri non seppelliti nei cimiteri, nazionalizzazioni massive
con gravi ricadute sul debito pubblico, posti di lavoro pubblici creati in maniera spropositata e a deficit.
Era il frutto delle politiche socialiste e keynesiane.
Ma nel 1979 arrivò Margaret Thatcher, che avrebbe governato l’Inghilterra per undici anni di fila.
Quando lasciò il comando, l’Inghilterra era un Paese completamente diverso, ricco e prosperoso. Un Paese dove tutti potevano trovare un lavoro ben retribuito e dove nessuno veniva lasciato indietro.
«Non è lo Stato che rende sana l’economia», tra le più celebri frasi della Thatcher.
E ancora: «Non esistono i soldi pubblici o dello Stato, solo i soldi dei contribuenti. Se lo Stato vuole spendere di più può farlo solo intaccando i vostri risparmi o tassandovi di
più».
Questi sono i principi che ogni vero liberale dovrebbe avere scolpiti nella propria mente.
LA LINEA DEL NUOVO PLI
Il nuovo corso del Partito Liberale ha ben chiara la linea politica da seguire.
Il PLI è il custode della tradizione e dei valori liberali classici, di quei valori che sono l’esatto opposto del populismo.
Rigore nei conti pubblici non significa austerità. Sono due concetti molto diversi.
Spendere con oculatezza, evitando gli sprechi e sfruttando le potenzialità offerte dalla digitalizzazione e nuove tecnologie non significa ridurre il livello e la qualità dei servizi pubblici, ma l’esatto contrario: si può dare un servizio migliore addirittura spendendo
meno.
L’Italia è sull’orlo del baratro. Se non vogliamo finire come la Grecia, bisogna prendere immediati provvedimenti. Ci vuole una seria e immediata politica liberale!
Punti fondanti del programma del PLI dovranno essere:
• la piena ed incondizionata tutela delle libertà individuali, da sancire come inviolabili senza eccezioni affinché non si debba più assistere a lockdown totali, obbligo vaccinale e green pass quale requisito necessario per l’esercizio dei diritti fondamentali;
• riaffermazione piena della libertà economica quale mezzo imprescindibile per la crescita individuale del cittadino, per le imprese e per la crescita economica del
Paese;
• il taglio della spesa pubblica improduttiva, quale unico mezzo per arrivare ad una riduzione della pressione fiscale che oggi grava sulle imprese e sulle famiglie
italiane mortificando ogni tentativo di sviluppo economico del Paese;
• l’eliminazione del reddito di cittadinanza e la sua sostituzione, nel breve periodo,
con benefici fiscali in favore delle imprese che assumono e, nel medio-lungo periodo, con la riduzione strutturale e non meramente contingente del cuneo
fiscale;
• la riforma della Sanità, che ha dimostrato la totale inadeguatezza proprio nel momento più difficile; deve essere ripensato il sistema di accesso alle strutture sanitarie, in modo tale da garantire lo snellimento delle procedure e il decongestionamento delle liste d’attesa; l’offerta sanitaria pubblica deve essere messa in concorrenza con quella privata: il cittadino deve poter scegliere se
curarsi nell’ospedale pubblico o nella clinica privata ed il costo, in entrambi i casi, deve essere a carico dell’assicurazione sanitaria, anch’essa privatizzata e il cui
costo al cittadino deve essere defiscalizzato;
• la rivisitazione delle politiche ambientali finalmente libere da ideologie e pregiudizi nei confronti delle fonti energetiche effettivamente capaci di ridurre l’immissione di sostanze inquinanti nell’atmosfera, come l’energia nucleare,
ovvero della ricerca e sfruttamento delle risorse naturali presenti nel territorio nazionale;
• la riforma della Giustizia penale in senso liberale, partendo dalla separazione delle carriere tra Giudici e Pubblici Ministeri al fine di garantire l’imparzialità e la terzietà del giudicante; riforma del sistema di Giustizia tributaria con affermazione dell’indipendenza del Giudice Tributario dal Ministero delle Finanze; riforma della Giustizia civile con interventi di semplificazione processuale e di incentivazione del sistema arbitrale;
• la riforma del sistema di accertamento tributario che vieti ogni forma di presunzione a favore dell’Ente impositore ed ogni forma di inversione dell’onere della prova a carico del contribuente;
• la riforma dell’Istruzione: l’Italia è agli ultimi posti dei Paesi OCSE per l’istruzione a tutti i livelli, abbiamo il minor numero di laureati dei Paesi industrializzati;
questo è essenzialmente dovuto al totale controllo e gestione dell’offerta formativa, nell’organizzazione del servizio e nei contenuti dei programmi, da parte dello Stato; l’offerta formativa pubblica deve essere messa in concorrenza piena con quella privata, come avviene nei Paesi anglosassoni (e non solo) ed i
programmi scolastici devono essere gestiti dalle singole scuole e dai docenti, sia pure all’interno di direttive generali;
• la semplificazione legislativa ed amministrativa, la cui complessità è spesso causa di ingiustificate vessazioni a danno del cittadino e del ceto produttivo, allo stesso tempo incapace di apportare un effettivo vantaggio allo Stato ed agli Enti pubblici in generale, la cui azione è, anzi, spesso ostacolata e frenata dall’esistenza di una vera e propria giungla normativa.
Questo ambizioso programma liberale potrà essere raggiunto a condizione di una profonda modifica dell’assetto istituzionale dello Stato, i cui compiti devono essere ridotti all’essenziale, mentre tutti i servizi pubblici che non devono essere necessariamente erogati direttamente dallo Stato o dagli enti pubblici devono essere
gestiti dai privati, con oneri eventualmente a carico della collettività.
Allo stesso modo, l’Italia dovrà battersi per una rivisitazione delle politiche europee e dello stesso assetto istituzionale europeo. L’Europa che vogliamo è quella confederale, capace di gestire unitariamente alcuni compiti fondamentali, tra cui la difesa di confini ed il mercato interno. L’Italia deve ricominciare a far valere i propri interessi in Europa e con l’Europa, esattamente come fanno gli altri Paesi.
L’Europa dovrà rendersi anche militarmente autonoma e capace di difendere i propri Stati dalle aggressioni esterne. Un’Europa realmente federale ed unita dovrà essere protagonista dello scacchiere mondiale e non più mera spettatrice o, peggio, succube di decisioni assunte a suo discapito.
(Mozione approvata nell’ultimo congresso del PLI, Roma settembre 2022).

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