Verso un nuovo partito cattolico

Il Cardinale Bagnasco ha radunato alcuni autorevoli esponenti del mondo cattolico per spiegar loro che le vacanze sono finite: di fonte all’imminente collasso del bipolarismo all’italiana, da oltre Tevere viene una forte sollecitazione per ritornare al partito unico dei cattolici.

Francamente non è una buona notizia. Infatti l’unico risultato positivo del cambiamento registrato con l’avvento del maggioritario nel 1994, era stato quello di una sia pur modesta, formale laicizzazione della rappresentanza politica.

 Ad eccezione di un solo partito dichiaratamente postdemocristiano, anche nell’ immagine del proprio simbolo, gli altri soggetti politici hanno assunto una qualificazione laica, anche se spesso solo in apparenza. Sovente anzi, sia a destra come a sinistra, vi è stata una sorta di gara a chi fosse più servile verso la Chiesa, con lo scopo di assicurarsi il voto dei cattolici. Infatti, nell’attuale fase politica,  si sono fatti molti passi indietro, rispetto alle scelte di carattere laico e civile, che avevano caratterizzato la voglia di modernizzazione del ventennio  1970 -1990.

Sarebbe abbastanza triste dover prendere atto che il declino della cosiddetta Seconda Repubblica potrebbe risolversi in un ritorno alla DC; anzi, ad un partito ancora più integralista, rispetto a quello che nel passato ha saputo, in alcune circostanze, marcare anche qualche distanza dal Vaticano.

Nell’ ultima fase della cosiddetta Seconda Repubblica, come mai era avvenuto nel tempo precedente, le gerarchie ecclesiastiche hanno dettato l’agenda della politica ed hanno ottenuto quello che chiedevano, compresa l’esenzione dell’ ICI per tutte le proprietà della Chiesa, anche quelle non destinate al culto, ma esclusivamente di tipo commerciale o speculativo, ovviamente, a loro volta, sorvolando sulla moralità della classe politica con cui hanno dialogato.

D’altronde  i preti sono quegli individui che si fanno chiamare da tutti “padre”,  ma dai figli “zio”, e si tramandano la virtù della castità da padre in figlio.

Nel centocinquantesimo anniversario della fondazione dello Stato Unitario, l’Italia avrebbe il dovere di ricordarsi di Cavour e del suo motto: “libera chiesa in libero Stato”.

Quello che intravediamo all’orizzonte ci fa rimpiangere la laicità di uomini come De Gasperi o come Sturzo, quest’ultimo sacerdote, che seppero dire di no persino al Papa, quando Pio XII cercò di imporre per le elezioni amministrative di Roma una lista unitaria con i neofascisti.

I liberali sono sempre stati considerati, dagli ambienti di Curia e di sagrestia, anticlericali. Non è corretto. In realtà il liberalismo è fiorito nella cultura protestante, che ha sempre tenuto distinta la fede, che riguarda il foro interiore di ognuno, dall’impegno civile e politico, che rappresenta il momento in cui il cittadino si rapporta  alla comunità in cui vive ed opera. In realtà il contrasto, mai sanato tra liberali e Chiesa Cattolica, concerne la mai avvenuta rinuncia da parte di questa al potere temporale. Tale rinuncia non avvenne quando, dopo l’apertura della breccia di Porta Pia, il Papa, si asserragliò in Vaticano, rifiutandosi di consegnare allo Stato italiano le chiavi del Quirinale, che rappresentavano il simbolo del potere statuale, esercitato per troppo tempo. In effetti non esiste al mondo nessun altro capo religioso che, come il Papa, abbia preteso, allo stesso tempo, di  essere Re, ancorché negli ultimi centocinquant’anni di una porzione minima di territorio, oltre che guida religiosa. Inoltre la Chiesa ha sempre continuato a tentare di esercitare una egemonia politica sull’intera nazione italiana.

In tutti i periodi in cui la politica è stata debole o poco autorevole, la Curia è riuscita nel proprio intento, compreso il periodo fascista, che portò alla pagina oscura del Concordato, rinnovato successivamente da Craxi. Mai i Governi liberali postunitari avrebbero sottoscritto un simile patto. Per tale ragione il mondo clericale diffida di coloro che si richiamano a quelle idee. Tutto questo appare ancora più stridente perché contrasta con la modernità, che non può che ispirarsi a valori laici.

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