Vendere prima di tassare
di Giuseppe Carrieri
L’ex Presidente del Consiglio Giuliano Amato –socialista, attualmente Presidente del Comitato per le celebrazioni dei 150 anni d’unità nazionale (Berlusconi quanti guai fai….)- in molteplici recenti interviste giornalistiche sta dichiarando e suggerendo che la soluzione al debito pubblico italiano consiste in una “bella” imposta straordinaria sui patrimoni (redditi/immobili/depositi bancari/etc) degli italiani. D’altra parte –come purtroppo pochi ricorderanno, siamo in Italia……..- Amato è espertissimo al riguardo.
Nella notte fra il 9 e il 10 luglio 1992, indossata metaforicamente una tuta di seta nera alla Diabolik, il governo guidato da Giuliano Amato penetrò nei forzieri delle banche italiane prelevando il 6 per mille da ogni deposito dei cittadini. Un decreto legge di emergenza l’autorizzava a farlo: in quel provvedimento erano state inzeppate alla rinfusa misure le più svariate. Dall’aumento dell’età pensionabile alla patrimoniale sulle imprese, dalla minimum tax all’introduzione dei ticket sanitari, dalla tassa sul medico di famiglia all’imposta straordinaria sugli immobili pari al 3 per mille della rendita catastale rivalutata. Prelievo sui conti correnti e Isi fruttarono insieme 11.500 miliardi di lire. L’imposta straordinaria sugli immobili, nella migliore delle tradizioni italiane, perse subito il prefisso stra per diventare una gabella ordinaria: l’imposta comunale sugli immobili, ovverosia l’Ici.
Nonostante la cura da cavallo (manovra di luglio più finanziaria sfiorarono insieme i centomila miliardi di lire), che portò l’economia italiana sull’orlo della recessione, la lira dovette uscire dal Sistema monetario europeo neppure tre mesi dopo quella notte di luglio, e nella primavera successiva il dottor Sottile si dimise. Purtroppo le condizioni delle finanze pubbliche europee e italiane sono analoghe a quelle del ’92 (se non peggiori) e la trappola della stangata fiscale può scattare ancora: in condizioni di incertezza, di fronte all’emergenza, salirebbe senz’altro il coro favorevole a una manovra che punti a entrate certe subito.
Magari una patrimoniale (come vorrebbe Amato) o un intervento sulle attività finanziarie (e dunque sul risparmio), insomma una tassa modello eurotassa come quella varata per l’entrata nell’euro. Emergenza per emergenza tutto potrebbe essere giustificato. Oggi però, ancora pochissimo tempo lo abbiamo e dunque siamo ancora in tempo per suggerire (con presunzione forse) una soluzione diversa per non mettere –ancora una volta e sempre di più- le mani in tasca ai cittadini (come dice qualcuno): VENDERE.
Verificare, quindi, subito la possibilità di attivare un piano straordinario di dismissioni pubbliche (immobiliari, delle concessioni, societarie, anche quelle del capitalismo municipale) per tagliare con un colpo secco una quota del debito pubblico. Del resto la stessa Presidente di Confindustria rispondendo al vendere, vendere lanciato dal Direttore del Foglio ha ricordato che l’attivo patrimoniale pubblico corrisponde al 138% del PIL e che il vendibile ammonta a circa 500 miliardi di Euro. E’ facile? No è difficilissimo. Ma meriterebbe una verifica subito se non altro per dimostrare che si fa di tutto per evitare ennesime stangate.