Un protestantesimo islamico
Di fronte ad un’Europa che non riesce, ancora una volta, a parlare con una sola voce nella crisi dei Paesi del Nord Africa, l’Italia sta perdendo una straordinaria occasione per giocare un ruolo di primo piano nella politica mediterranea. Il nostro Governo, non solo e non tanto per le incertezze dimostrate nell’azione promossa dalla Comunità Internazionale contro la brutale repressione della rivolta popolare da parte di Gheddafi, non ha saputo cogliere la opportunità che discende dalla sua posizione geografica e dalle antiche relazioni col popolo libico e, più in generale, con i Paesi africani che si affacciano sulle coste del Mediterraneo.
Mentre la Francia ha giocato la propria partita bombardando le postazioni militari del Rais e facendosi acclamare come Paese liberatore dai cittadini di Bengasi, le contraddizioni del Governo italiano, condizionato dai rapporti del Premier col dittatore libico e dal ruolo della Lega, consistono nel non aver capito che la propria parte poteva e doveva essere quella di intestarsi una politica di accoglienza, che prima o poi l’Europa e la Comunità Internazionale le avrebbero riconosciuto come merito. Anziché polemizzare con i cugini d’oltralpe per il predominio economico in Libia dopo la auspicata sconfitta del Rais, il nostro Paese avrebbe dovuto alzare la voce per la chiusura del valico di frontiera di Ventimiglia ai disperati migranti, principalmente tunisini, che, alla ricerca della sopravvivenza, sperano di potersi riunire ai propri familiari in quella Nazione.
Dopo alcuni decenni caratterizzati dal rischio di un conflitto di civiltà senza precedenti tra mondo islamico e mondo occidentale, la rivolta in atto potrebbe essere una nuova opportunità per un futuro di pace, sviluppo ed incrocio proficuo di culture. Molti Stati del mondo arabo si potrebbero liberare dalle proprie dittature e dalla minaccia del fondamentalismo, se l’Occidente sapesse mostrare, oltre alla propria potenza militare, anche una apertura verso l’azione umanitaria nei confronti di coloro i quali fuggono dalla fame e dalla cultura dell’odio, mostrando la superiorità del nostro modello di democrazia, basato sulla tolleranza nei confronti del pluralismo culturale, etnico e religioso. il fondamentalismo si può sconfiggere evitando di contrapporgli l’integralismo o la logica tardo-colonialista dello sfruttamento.
La rivolta in atto, scoppiata spontaneamente e non prevista da nessuno, ha una portata storica, analoga a quella del 1989 dei Paesi dell’Est Europeo, che si liberarono del comunismo e dell’imperialismo sovietico. L’Occidente ha il dovere di mostrare il suo volto migliore, fatto di amore per la libertà, democrazia e solidarietà umana.
Il momento più alto della nostra storia fu quello in cui Federico Secondo costruì un grande impero, non solo sulle proprie capacità di stratega e di guerriero, ma principalmente sul mecenatismo e sulla curiosità artistica e culturale, che lo portarono a valorizzare, insieme alla tradizioni più propriamente italiche, anche il grande patrimonio che derivava dall’apogeo della civiltà araba.
Come, nel Medio Evo il progresso nel nostro Continente fu frenato dall’oscurantismo integralista e soltanto la grande rivoluzione della “Riforma” aprì la strada alle moderne Democrazie Liberali, l’Islam, dopo un periodo di splendore, è precipitato anch’esso in una fase di involuzione fondamentalista, che ha prodotto la teocrazia degli Ayatollah e degli Imam, da cui è derivato soltanto odio e terrorismo. Oggi si può coltivare la speranza di un protestantesimo islamico, che potrebbe far scoprire a quei popoli il piacere di vivere nella libertà e nella modernità. Il corso della storia, che sembrava segnato, potrebbe registrare una svolta grazie all’utopia di quel sogno, appunto, di libertà e modernità, che sta muovendo, anche grazie ad internet, le masse di giovani, che, oggi, rischiano la propria vita, alcuni dei quali l’hanno persa e meritano di essere ricordati come eroi.
Il nostro Paese ha una opportunità unica ed insperata fino a pochissimo tempo addietro. Il Mediterraneo potrebbe recuperare la propria centralità perduta da tempo e l’Italia potrebbe esserne il più convinto assertore. Ovviamente, non bisognerebbe permettere le volgarità pronunciate nei giorni scorsi da Bossi ed amplificate dai suoi caudatari, cominciando dal Ministro degli Interni, che dovrebbe smetterla di minacciare respingimenti. Il nostro Governo dovrebbe capire che, soltanto una politica di amicizia, di solidarietà e di sostegno a coloro che cercano la libertà, compresa quella primaria dal bisogno, può rappresentare la cifra del recupero del prestigio del nostro Paese nel Mondo Occidentale ed in Europa.
Stefano de Luca