
Un centro che non c’è.
Il mondo civile è stato colpito da una grave pandemia di cui non si conoscevano le caratteristiche, che faticosamente sono state individuate in seguito, anche se purtroppo ancora non tutte e la campagna per somministrare i vaccini scoperti sarà lunga e complessa.
Nel nostro Paese, dove il virus è stato gestito con incertezze, provvedimenti contraddittori, conflitti di potere tra Stato Regioni e Sindaci, si è anche aperta una gravissima crisi di Governo, che finora è stata affrontata nel peggiore dei modi.
Il Capo del Governo con inusitata aggressività e iattanza si è rifiutato di ammettere ogni errore e, pur da una posizione parlamentare minoritaria, si è lanciato nel disperato tentativo, per fortuna non riuscito, di trasformare il Senato in un Suk arabo per assoldare i soliti trasformisti di tutte le stagioni.
I pochi parlamentari raccattati, fanno pensare ad una patetica campagna di arruolamento di disperati, fondata sulla labile promessa di una ricandidatura, senza un qualsivoglia progetto basato su un minimo di dignità politica.
Indipendentemente dal modestissimo risultato numerico, non sufficiente a controbilanciare la componente renziana, che si era defilata, turba il profilo raccogliticcio dei modesti personaggi, privi di alcuna statura, credibilità e principalmente storia personale, tentando di accreditarli come la nuova gamba liberale ed europeista.
Sarebbe sconveniente fare l’esame, uno per uno, della storia personale di questi muratori, neanche liberi, che nulla hanno in comune con l’europeismo liberale, con cui maldestramente sarebbero stati etichettati, forse per una improvvisa folgorazione.
In ogni caso, elemento decisivo in politica, non è stato raggiunto l’obiettivo di poter sostituire la componente renziana e si è aperta la crisi formale con le dimissioni del Governo.
Questo è il risultato della stucchevole supponenza di Conte, che ha tirato talmente la corda, fino a spezzarla, con la ovvia conseguenza che l’ipotesi di un terzo Esecutivo da lui presieduto sembra tramontata, anche se è stato conferito al Presidente della Camera Fico un mandato esplorativo per verificare se sussistono le condizioni per una ricomposizione post mortem della precedente maggioranza.
L’accidioso avvocato pugliese a questo punto farà di tutto per arrivare ad elezioni anticipate ed utilizzare la popolarità raggiunta grazie alla spregiudicatezza con cui ha esercitato il potere in tempi di pandemia, per lucrare un risultato positivo in favore del suo costituendo Partito.
Ma nessuno gli concederà tale opportunità, in particolare M5S e PD che, secondo i sondaggi, dovrebbero pagare il prezzo più alto in termini perdita di consenso.
Si arriverà inevitabilmente ad un governo delle larghe intese, o istituzionale o del Presidente, speriamo presieduto da un’alta personalità della Repubblica e composto da autorevolissimi ministri, che possano gestire con capacità ed indipendenza il Recovery plan, sottraendosi alle innumerevoli e sicure pressioni clientelari ed affaristiche, grazie al loro prestigio sia nel Paese che presso la Commissione di Bruxeselles.
Bisognerà compiere lo sforzo di assicurare un indirizzo unitario all’importante programma di spesa per investimenti che l’Italia è chiamata a progettare e realizzare, occasione unica per far compiere al Paese il necessario salto di qualità.
Non si può continuare con le regalie dei Cinque Stelle e gli scriteriati interventi a pioggia di Conte.
I primi obiettivi, oltre alla scontata riapertura dei cantieri già finanziati, dovranno indirizzarsi verso un nuovo approccio di politica ambientale, insieme ad un profondo cambiamento dell’intero sistema dei trasporti e ad una necessaria maggiore attenzione al Mezzogiorno, completamente dimenticato e privo di infrastrutture.
Tuttavia, senza le riforme della burocrazia e della Giustizia, che appaiono le più urgenti come chiede la stessa Europa, qualunque altra lodevole iniziativa sarà destinata ad infrangersi ed il beneficio del grande investimento concesso dall’UE sarà, come nel passato, servito soltanto ai soliti faccendieri speculatori per arricchirsi ed alla delinquenza organizzata per infiltrarsi.
Rispetto ad una politica gridata degli schieramenti tra loro incompatibili, ma con una comune vocazione populista, pronta a scivolare nell‘autoritarismo, si impone ad una nuova classe politica responsabile la strada obbligata di riportare la borghesia, negli ultimi anni ridotta nella consistenza numerica, sconfitta, impoverita e declassata, di nuovo al centro del progetto di sviluppo di un Paese moderno.
Il cammino deve cominciare da scuola, università, trasporti, nuove opportunità di fare fortuna in Italia, ripristinando l’ascensore sociale da troppo tempo bloccato. La crisi della mostra società è iniziata quando è venuto meno l’orizzonte di crescita verso una società a prevalenza borghese, come fu per un quarantennio dopo la seconda guerra mondiale.
Quando quel miraggio scomparve, l’ascensore che aveva sospinto verso l’alto le aspirazioni di un intera popolazione, si è fermato di colpo, la crescita dell’economia si è bloccata, anche con la interessata complicità della grande finanza globale, che si sta impadronendo del mondo intero.
Non si è potuto ricostruire nell’ultimo trentennio un centro politico per il determinato impegno demolitorio dei media asserviti al potere finanziario e della magistratura militante, raccattando nelle Camere, di volta in volta presunti responsabili, in cerca soltanto di tutelare interessi personali e la stessa insperata riconferma in Parlamento.
Appaiono quindi patetici i tentativi dello sprovveduto Conte di rivolgersi ai moderati ed ai liberali, perché non sa o non si è accorto che non ce ne sono più. Sono stati con metodo scientifico espulsi dal sistema.
Era ovvio che al suo appello rispondesse soltanto un gruppetto eterogeneo di opportunisti, senza storia, valori e visione di futuro, ma soltanto alla ricerca della sopravvivenza.
Il Capo del Governo forse non sapeva che in Parlamento i liberali non esistono più, il colpo di spugna mediatico giudiziario, in alleanza con la nuova politica populista, li ha cancellati.
Come non sa che il Centro non è una posizione ideologica, al pari di destra e sinistra, che nutrono l’aspirazione di realizzare lo Stato etico da loro preconizzato.
La destra lo vorrebbe autoritario e fondato sull’ordine ed una guida forte, la sinistra auspica la statalizzazione dell’economia e la ridistribuzione sociale della ricchezza, secondo il paradigma, già sperimentato ieri nell’URSS ed oggi in Cina, per realizzare una società di tutti più poveri, ma uguali, salvo i funzionari del partito e i padroni del regime.
Il centro non è, come si è ritenuto a lungo in Italia, quello democristiano volto al mantenimento del potere. L’unico partito di Centro, come ha insegnato Benedetto Croce, è quello liberale, insieme conservatore di tutto quanto è nobile ed utile della tradizione ed insieme innovatore, persino rivoluzionario, per essere sempre all’avanguardia del progresso, che rappresenta la vera ricchezza dei popoli.
La società liberale quindi non è fondata su un presupposto ideologico, ma su un metodo, che tende a creare le condizioni di formazione, cultura, partecipazione, che permettano di crescere liberamente diseguali, sulla base dei proprio genio e della propensione al rischio.
La comunità statale ha il compito di mettere a disposizione di coloro che ne abbiano la voglia e le capacità, gli elementi strategici necessari, che sono in primo luogo la scuola e la cultura, quindi il mercato e la libera concorrenza per premiare il merito