
Se tornasse il politichese.
Ero poco più che un bambino quando sentivo mio padre che, girando canale, lasciava i programmi televisivi di tribuna politica sbuffando sconfortato: “parlano in politichese non si capisce nulla”.
Ero a militare quando iniziai a votare e, sentendo Bossi sgolarsi a Pontida, pensavo alle parole sboffonchiate da mio padre.
Pensai che finalmente la seconda repubblica aveva portato un nuovo linguaggio politico, comprensibile anche all’uomo della strada (mio padre era tassista a Milano, vero uomo della strada, chi più di lui?).
Poi il nulla, nessuna novità che catturasse la mia attenzione.
Sono stato testimone oculare di un valzer di personaggi, ne giovani ne vecchi, ne nuovi ne nemmeno troppo passati, fino al dualismo matteiano e alla tournée Grillina (che più che una campagna politica era una tournée di satira politica del Beppone nazionale).
Fino a quando, girandomi indietro a guardare i miei anni che scorrevano alla velocità della luce, mi accorsi che ero stato un po’ distratto.
Erano passati 12 anni senza che a Palazzo Chigi ci fosse un governo eletto dal Popolo.
Eravamo passati dalla Repubblica democratica italiana ad una sorta di Presidenzialismo con governi non eletti o meglio con presidenti del consiglio imposti, fino ad arrivare alla semi dittatura del Giuseppi, senza neanche accorgercene.
E chiudo il cerchio di questo viaggio nella mia memoria politica, pensando che forse i vecchi tromboni che parlavano “politichese” facevano solo il loro mestiere, perché il loro mestiere lo sapevano fare. E parlavano la loro lingua. Provate a parlare di lavoro con un chimico, un ingegnere, un medico, un fisico un tecnico specializzato.
Quanti di noi sarebbero in grado di sostenere una conversazione con loro, giurando di aver capito perfettamente di cosa stanno parlando?
Oggi abbiamo politicanti che parlano la lingua dell’uomo della strada, ed infatti mio papà li capisce benissimo.
E li capisce talmente bene che gli si rivoltano le budella quando sente e capisce anche i loro strafalcioni.
C’è chi scrive libri a luglio su come ha sconfitto la pandemia, chi acquista i banchi con le rotelle, chi ha collocato il dittatore (cileno) Pinochet in Venezuela e che ha elogiato la “millenaria tradizione democratica francese” (datata però 1789); chi ha elogiato il tunnel autostradale del Brennero per poi, non contento, elogiare il progetto del nuovo ponte Morandi affinché fosse un bel luogo d’aggregazione dove le persone potessero vivere, giocare e mangiare …
Oggi, se proprio non si riuscisse a far tornare il politichese, vorrei almeno che al governo ci fossero persone meno telegeniche e più preparate sui ruoli che ricoprono. Devono amministrare il nostro Paese, il bene pubblico e le nostre finanze.
Vorrei che ci fossero dei nuovi Benedetto Croce o Luigi Einaudi a parlarci di un nuovo grande vecchio sogno: un’Italia liberale che torni a contare e a rappresentare le nostre Genti in Europa e nel Mondo.
Diego BRACHETTI
responsabile dipartimento turismo PLI Lombardia
responsabile coordinamento e stesura programma elettorale PLI Milano 2021