Regionali, sulle firme per le liste mostruosa violazione del principio di uguaglianza.

di Stefano Marzetti
In questi giorni che precedono le elezioni regionali diventa sempre più
stridente con i capisaldi della democrazia la mostruosa violazione del
principio di uguaglianza fra tutti i partiti politici, qualunque sia la loro
struttura, il loro bacino elettorale e la loro disponibilità economica con
differenze spaventose tra i partiti che ricevono generosi finanziamenti
pubblici e quelli che non hanno nulla. Violazione causata in particolare
dall’obbligatorietà della raccolta di firme per la presentazione delle liste
elettorali, aggravata dal divieto fatto ai rappresentanti dei partiti –
consiglieri comunali e amministratori in generale – di dare il proprio
contributo in questo processo.

Una sorta di bando nei confronti dei soggetti politici cosiddetti più
piccoli come il PLI ma dalle radicate tradizioni nella storia della nostra
Repubblica. A forza di sbarramenti si rischia di edificare un muro che
taglia fuori una larga fetta di soggetti politici. Come lo sbarramento al 4%
stabilito in alcune regioni per le consultazioni di fine marzo, che
escluderà all’amministrazione democratica dei territori tutti i partiti che
non raggiungeranno quella soglia. Una legge prodotta sui fasti del
bipolarismo, un sistema sostanzialmente imposto ai cittadini che in tal modo
non hanno la possibilità di dare fiducia ai singoli partiti e che ha poco
senso da quando alle coalizioni di centrodestra e centrosinistra si sono
sostituiti due soggetti politici unitari a forte vocazione maggioritaria,
quali il Partito democratico e il Polo della Libertà. Un fenomeno che di
conseguenza genera un progressivo incremento dell’astensionismo.

C’è poi, come detto, quello che va considerato alla stregua di un secondo
sbarramento, rappresentato appunto dalla richiesta di un numero altissimo di
firme per la presentazione delle liste. La pretesa di una quantità
spropositata di sottoscrizioni che crea eclatanti casi-limite come quello di
Rieti in cui la somma degli autografi da raccogliere raggiunge e forse
supera il numero degli abitanti della provincia. Un ostruzionismo a monte
studiato con lo scopo di imporre il sistema bipolare e che causa un grave
deficit del processo democratico italiano.

Senza tralasciare, infine, la sperequazione, l’insufficienza del principio
di uguaglianza relativi agli autenticatori – le figure come notai, giudici
di pace, sindaci, presidenti di province, etc abilitate appunto alla
verifica delle firme raccolte per la composizione delle liste elettorali –
sui quali grava ancora una coltre di mistero. Al punto che nelle scorse ore
la candidata alla presidenza della regione Lazio, Emma Bonino, ha lamentato
– addirittura con la comunicazione di un possibile ritiro dalla competizione
elettorale – carenza del rispetto delle leggi in materia di procedura
elettorale.

La normativa, infatti, dice che i comuni, trenta giorni prima delle
elezioni, devono informare i cittadini su come e dove sostenere le liste. E
lo stesso dovrebbe fare la Rai, televisione di Stato. Ci sono trecentomila
persone nel Lazio che godono dello status di autenticatori, ma fino ad oggi
non si è vista nessuna informazione sulla sottoscrizione delle liste negli
ultimi 30 giorni. E’ evidente, quindi, che esiste un problema di legalità
nel processo democratico. Come ha detto la stessa Bonino, “nessuno pare
ricordarsi di avere degli obblighi di legge”. Tuttavia noi del Pli
intendiamo resistere sapendo che avvicinandosi il ‘ventennio’ il sistema è
prossimo a implodere.

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