Quando non si é all’altezza del ruolo

Quando non si é all’altezza del ruolo

Camera - elezione Presidente della Repubblica Italiana

Potrebbe mai un astrofisico costruire un grattacielo? Oppure un letterato scrivere un trattato di matematica? O un bravissimo contadino realizzare un’automobile? O un poeta fare una grande opera di carpenteria? o un avvocato costruire una nave? La risposta a tutte queste domande ed ad altre mille ancora del tutto analoghe, non potrebbe che essere negativa; anzi, chi le ponesse, rischierebbe di sentirsi dire che si tratta di domande stupide e senza senso. Perché allora, secondo la vulgata prevalente, chiunque potrebbe assurgere, ed in parte è già avvenuto, alle più alte cariche politiche e di Governo? L’ obiezione è che la Costituzione riserva a tutti l’elettorato passivo e quindi la possibilità di ricoprire anche i ruoli più delicati nelle Istituzioni repubblicane. E’ vero. Guai se qualcuno pensasse anche lontanamente di porre in dubbio questo fondamentale principio della democrazia rappresentativa. Sarebbe poi inammissibile per un liberale.

La domanda, delicata, quanto rilevante, da porsi, è un’altra: come si fa a non comprendere che autorità e responsabilità sono un binomio indissolubile e, quindi a non voler prendere atto che l’insieme di regole che governano il nostro sistema giuridico-istituzionale, come esattamente quelli di tutti i  Paesi avanzati, ovviamente,  è molto complesso e che per manovrarne i meccanismi, sarebbero necessarie alcune conoscenze, pena le figuracce che ogni giorno collezionano i centocinquanta parlamentari del M5S? A questi ultimi, anzi, bisogna riconoscere che stanno compiendo un notevole sforzo per districarsi tra le competenze delle Commissioni e quelle dell’Aula, come tra emendamenti, risoluzioni, interpellanze ed altre simili, tuttavia necessarie, astrusità. Il risultato è quello di un’immensa frustrazione, che talvolta esplode nella rivolta liberatoria. Urlare, insultare, lanciare invettive ed oggetti, salire sui tetti di Montecitorio è qualcosa che sanno fare meglio che maneggiare i regolamenti o leggere tra le pieghe complesse delle norme di legge o delle poste dei bilanci pubblici. la stessa considerazione, a maggior ragione, vale per altri personaggi, chiamati dal caso a svolgere funzioni assolutamente inadeguate alla loro preparazione specifica, magari egregia, in altri campi. Assistiamo quindi a figure tristissime da parte di Ministri o Sottosegretari, prelevati dalla strada e preposti dal nuovismo populista dilagante a ruoli per i quali risultano assolutamente inadeguati.

Commettendo un grave errore, l’ultimo di un lunga serie, che ha posto fine alla sua carriera politica, Bersani, nella vana speranza di catturare la simpatia di Grillo, ha imposto l’elezione di due incompetenti, entrambi alla prima legislatura, ai vertici più elevati delle due Camere. Sicuramente due persone che nella loro esperienza lavorativa precedente avevano fatto bene il loro lavoro, ma che sapevano di  come si governano le assemblee parlamentari, con le relative complesse regole, tanto quanto chi scrive conosce il sanscrito: cioè zero. I risultati lo hanno dimostrato. Non bisognava essere indovini per riuscire a prevederlo.

Dopo un lungo idillio, durante il quale si sono sforzati di fare gli iperpresenzialisti piacioni, ciascuno secondo le proprie caratteristiche, i nodi stanno venendo al pettine. La Boldrini ha ostentato la sua aria da severa maestrina verso tutto ciò che poteva apparire vecchia politica, mentre Grasso non ha mai abbandonato il piglio da magistrato inquisitore, anche se in contrasto col buffo sorriso da ranocchio sempre stampato in volto, per l’euforia di trovarsi proiettato in un rango, cui non avrebbe mai  sognato di poter accedere.

La Presidente della Camera, di fronte alla prima decisione difficile della sua carriera, ha toppato, suscitando le violente reazioni dei deputati grillini e dimostrando di non essere in grado di governare l’Assemblea, nel momento in cui ha adottato una scelta non ponderata, frutto di delirio di onnipotenza. Come aggravante, dopo tale decisione demagogica, sicuramente al limite del regolamento ed aver suscitato una rivolta, anziché difenderla, come avrebbe fatto qualsiasi persona culturalmente consapevole ed adeguata al compito, si è pentita ed ha dichiarato che in futuro non applicherà più la tagliola, così confermando di essersi resa conto dell’errore e di non essere all’altezza di corrispondere alle alte responsabilità cui è stata chiamata.

Grasso, cancellando il ricordo delle lezioni di Diritto Costituzionale, che pure all’Università dovrebbe aver seguito, ha fatto prevalere il giustizialismo da PM,  rispetto alla rigorosa difesa del principio della divisione dei poteri tra gli organi dello Stato, in questo caso tra una Camera legislativa ed un Tribunale. La struttura del nostro ordinamento non consentirebbe al Presidente del Senato di costituirsi parte civile in un processo contro il leader di un importante partito rappresentato in Parlamento, anche indipendentemente dal parere negativo, tecnicamente corretto, ma inutile, dell’ufficio di Presidenza.  Tale atto, ha rivelato la errata concezione, acquisita  da Grasso in anni di carriera, dell’esistenza di una sorta di subordinazione del potere politico all’Ordine giudiziario, cui egli stesso appartiene. Dopo, nel tentativo di giustificare la sua anomala decisione, ha cercato di spiegarla come un “dovere morale”, in quanto coerente con l’opinione della maggioranza dei senatori, fornendo una ulteriore prova di mancata conoscenza della portata delle proprie funzioni. In effetti egli non era chiamato a registrare una volontà politica, che, in quanto tale, si esprime a maggioranza, ma a garantire, indipendentemente dalla opinione dei singoli suoi membri, e persino contro, l’autonomia di un ramo del Parlamento. Il Senato,  insieme alla Camera, costituzionalmente, rappresenta il popolo sovrano e non può rapportarsi in termini subordinati ad un altro potere dello Stato, costituito da funzionari reclutati per concorso, cui è pur affidato un delicato compito. La infelice richiesta del Presidente Grasso postulerebbe, erroneamente, che l’Assemblea rappresentativa della sovranità popolare, mortificando il proprio rango  di primo potere istituzionale dello Stato, debba soggiacere all’autorità dell’Ordine giudiziario per valutare l’ammissibilità ad essere ammessa quale parte civile in un processo, stravolgendo lo stesso principio fondamentale della separazione  dei poteri.

Su tali indicativi episodi, salvo poche lodevoli eccezioni, si sono sprecati, con grandi titoli, commenti di segno opposto, tutti prevalentemente inappropriati, frutto di faziosità politica. La stampa ha colto l’occasione per lanciare un ulteriore facile attacco al parlamentarismo, piuttosto che proporre una seria riflessione intorno al delicato ruolo dei presidenti delle Camere legislative, in quanto custodi del delicato equilibrio tra poteri della Repubblica.

Anche il cosiddetto quarto potere, cioè la stampa, quindi, dimostra di non essere in grado di assolvere all’importante funzione informativa e formativa dell’opinione pubblica, perché appare afflitta da conformismo e mancanza di indipendenza, rispetto ai poteri forti, da cui dipende economicamente ed ai quali ciecamente obbedisce, lasciandosi manovrare.

In ogni Paese di democrazia liberale, il mondo dei media avrebbe sollevato gravi problemi di costituzionalità rispetto alla riforma elettorale in discussione con la connessa abolizione del Senato annunciata, invece quello supponente, ma ubbidiente  del nostro Paese, nonostante ogni giorno assuma il tono di chi vuol dare lezioni di democrazia, ha difeso in grande maggioranza il bislacco disegno proposto dal duo Berlusconi-Renzi per pura vocazione al servilismo. Analogamente il nostro sistema informativo, in linea con le convenienze dei partiti più consistenti, si è speso nella scorretta ed errata affermazione che le forze politiche  minori, spesso le uniche con un rigoroso ancoraggio valoriale, siano un fattore di ricatto. E’ di tutta evidenza invece che esse rappresentano il sale della democrazia, la garanzia del pluralismo,e la speranza di un futuro cambiamento, rispetto ad un bipartitismo arrembante e padronale, che non potrà che produrre altra ignoranza ed esprimere vertici sempre meno adatti al mestiere difficile loro affidato, come gli eventi recenti purtroppo hanno dimostrato, producendo un ulteriore allontanamento dei cittadini dalle Istituzioni.

Tratto da Rivoluzione Liberale

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