Quando la politica non è all’altezza
A Napoli con un’espressione tanto volgare quanto efficace, si dice: ” non se po’ da a pucchiacca n’mane e ccreature”. Purtroppo il dibattito scaturito dalla figuraccia dell’Italia nella vicenda kazaka dimostra inequivocabilmente l’inadeguatezza di un Governo, che ha avuto l’imprudenza di mettere un giovane privo delle adeguata esperienza alla guida di un delicatissimo dicastero, come il Viminale, per certi profili il più complesso. Fino a quando il nostro Paese figurava tra le principali potenze mondiali, il Ministro dell’Interno non poteva che essere un uomo di grande esperienza ed equilibrio, in grado di fronteggiare le situazioni più difficili e di non cadere nelle innumerevoli trappole nelle quali potrebbe imbattersi ogni giorno.
Purtroppo è da tempo dominante una vulgata, secondo la quale bisogna rinnovare i vertici della politica ed il vecchio deve essere espulso. Così abbiamo visto arrivare, dopo le ultime elezioni, a Montecitorio ed a Palazzo Madama, una schiera di ragazzini, senza alcun titolo di studio o con diplomi molto approssimativi e comunque completamente privi di quel complesso di conoscenze necessarie a svolgere efficacemente il ruolo di deputato o senatore. Per mesi le domande imbarazzanti rivolte nei loro confronti sono state il principale obiettivo dei programmi satirici televisivi, che ce li hanno mostrati in imbarazzo di fronte alle questioni più banali, rivelando platealmente che non erano all’altezza del compito al quale erano stati assegnati dai capi partito, con la complicità di una legge elettorale, che consente di nominare i parlamentari, o di presunte primarie, che con pochissimi consensi, raccolti sul web o attraverso amici e parenti ai gazebi, hanno consentito l’invasione delle aule parlamentari da parte di disoccupati, precari, piccoli attivisti dei movimenti, ignoranti, che sconoscevano le regole fondamentali del complesso funzionamento dello Stato.
Il Governo di necessità, nato in un clima di compromesso, come un matrimonio senza amore, non ha visto impegnate le pur modeste prime linee dei partiti della Seconda Repubblica, elevando al rango di Ministri e sottosegretari personaggi di secondo piano e privi di esperienza, che, pur senza raggiungere i livelli record dei cosiddetti tecnici del Gabinetto di Mario Monti, hanno già collezionato in poco tempo una serie incredibile di figuracce.
Nessuno si sarebbe aspettato che il più grave scivolone dovesse essere riservato al capo della delegazione del PDL e vicepresidente del Consiglio, che si è fatto giocare da servizi e burocrazie deviate, complici del regime kazako, come un principiante. Appare evidente la malafede di chi ha organizzato e diretto l’operazione.
Fino al blitz alla villetta di Casalpalocco alla ricerca di un pericoloso latitante, come era stato descritto Muchtar Ablyazov, ci poteva stare, anche se era cosa grave non sapere che si trattasse di un oppositore del regime, al quale era stato concesso l’asilo politico dalla Gran Bretagna. Incomprensibile, e quindi frutto di un accordo dai risvolti oscuri, la decisione di consegnare in tutta fretta la moglie Alma con la piccola bambina del ricercato per rimpatriarle ad Astana in fretta e furia, con un volo privato, senza che nei confronti di esse vi fosse alcun mandato di cattura internazionale. Quanto meno il caso avrebbe dovuto imporre un approfondimento ed il coinvolgimento responsabile degli organi politici competenti (Ministri dell’Interno, degli Esteri e della Giustizia) oltre che, ovviamente della magistratura.
Debole, né poteva essere altrimenti, è risultata la difesa di Alfano al Senato, nel corso della quale, insieme al alcune patetiche affermazioni altisonanti, in concreto ha annunciato che sarebbero volati pochi stracci all’interno della struttura del Viminale, con l’allontanamento di alcune vittime designate, magari a fine carriera e che presto verranno ricompensate. Nessun riferimento alla ricerca, più complessa, di chi ha organizzato lo scacco matto in tre mosse allo Stato e per quali contropartite, in modo da poter arrivare ai responsabili di quello che appare come un piano di alto tradimento nei confronti delle istituzioni repubblicane.
Mi è venuto subito di ripensare ai grandi Ministri dell’Interno della deprecata stagione democristiana, da Scelba, a Taviani, da Restivo a Scotti, da Scalfaro a Rognoni e mi sono chiesto se uno qualsiasi di questi personaggi fosse potuto cadere in una simile trappola. Mi sono detto “mai!” Ho anche sorriso di fronte a fantasiose ipotesi, avanzate da alcuni giornali, come quella di un favore commissionato dal dittatore kazako a Silvio Berlusconi. Non so se si possa definire stupidità più che perfidia soltanto immaginare che, con i guai che sta affrontando personalmente il Cavaliere, potesse commettere l’ingenuità, quand’anche ne avesse potuto avere un qualche interesse, di poter correre un simile rischio per fare un favore al dittatorello di una Repubblica di periferia.
Basterebbe conoscere un poco il funzionamento della macchina dello Stato, la forza delle burocrazie, dei servizi, degli intrecci complicati e perversi con alcuni settori diplomatici, per capire, come ci è apparso subito chiaro, che si trattava di uno di quei classici casi in cui certi potentati riescono ad avere il sopravvento su una classe politica inadeguata. E’ sufficiente presentare un caso sotto una determinata luce, nascondere qualche particolare rilevante, invocare i buoni rapporti internazionali, scegliere il momento giusto, giustificando una presunta urgenza, ed il gioco è fatto.
Il povero Alfano ha capito poco o niente delle informazioni parziali, che ad arte professionisti di tali furberie, gli hanno confezionato, presentando la faccenda come un normale problema di delinquenza comune. Il responsabile politico del Viminale, persino infastidito di essere disturbato per una vicenda minore, ha delegato il suo capo di Gabinetto.
In altri tempi un Ministro dell’Interno che fosse scivolato su una simile buccia di banana, si sarebbe dimesso entro ventiquattr’ore, ma oggi quel codice deontologico non esiste più, perché chiunque sarebbe stato vittima della stessa macchinazione, come lui. Di fronte ad un vuoto spaventoso della politica, burocrazia da un lato e magistratura dall’altro, hanno trovato grandi spazi per ritagliarsi un ruolo di supplenza.
Ovviamente, trattandosi del capo delegazione del PDL, è stato elevato un muro per difendere anche ciò che obiettivamente non è difendibile, non certo per connivenza o malafede, ma, peggio, per palese inadeguatezza.
Intanto l’Italia ha collezionato un’altra pessima figura di fronte al Mondo. Servirà a far capire che deve al più presto finire questa orgia del nuovo, che produce soltanto un personale politico inadeguato. E’ vero che la Costituzione prevede che chiunque possa assurgere alle più alte cariche elettive. Si tratta di un elementare principio di democrazia. Sta poi alla saggezza del popolo di eleggere persone dotate di qualità ed esperienza, non più gli analfabeti che nelle ultime legislature hanno occupato gli scranni del Parlamento, con un crescendo preoccupante. Ovviamente è compito dei partiti di scegliere per i ruoli di Governo personalità di elevata caratura ed esperienza. Spero che presto possano tornare D’Alema, Veltroni, Martelli, Pomicino, Scotti, per fare qualche nome. Comunque persone che hanno imparato, in lunghi anni di studio e di militanza, negli Enti locali, nei partiti, all’interno delle Istituzioni statali, come funziona una macchina complicatissima e che tende sempre più a sfuggire a quel primato, che la politica fino a ieri deteneva e che oggi ha perduto per incompetenza, ignoranza, cialtroneria, talvolta desiderio soltanto di potere, anziché ambizione di governare nell’interesse della Nazione.
Tratto da Rivoluzione Liberale