
Perché il sistema politico non si rigenera.
Pur rimanendo senza risposta, ricorre continuamente la domanda del perché il sistema politico, dopo la fine della cosiddetta Prima Repubblica, in quasi un trentennio, non si sia ricostituito.
Mi sembra un quesito poco intelligente o più probabilmente in malafede. Nel 92/94 sono state fatte scomparire forze politiche che avevano un cinquantennio di vita democratica, alcune erano anche molto più antiche, come il PLI, che il prossimo anno celebra il centenario ed, in forme pure diverse, esisteva sin dalla costituzione dello Stato Unitario.
Nel 1925 i partiti politici erano stati messi fuori legge dal regime fascista ed avevano proseguito clandestinamente la loro attività durante la dittatura, partecipando alla Resistenza. Dopo avevano dato il loro apporto alla Costituente ed alla rifondazione dello Stato democratico, con una maggioranza formata da tutti i partiti del CLN. Successivamente, uno storico incontro di De Gasperi negli Stati Uniti, aveva determinato l’uscita del PCI dalla compagine governativa, che tuttavia aveva continuato a partecipare attivamente alla stesura della Carta Costituzionale. Si formarono in seguito Governi centristi, che garantirono, con un’azione politica interna ed internazionale di alto profilo, la ricostruzione del Paese ed il miracolo economico e diedero un decisivo impulso ai Trattati di Roma, che rappresentarono concretamente l’avvio, secondo le utopistiche previsioni del Manifesto di Ventotene, della complessa costruzione europea, poi divenuta UE. Negli anni sessanta e settanta il Centro sinistra, con riforme costose e spesso nocive, determinò il dissesto del bilancio statale. Gli anni del pentapartito avevano avviato un complesso lavoro di ricucitura istituzionale e di recupero di un ruolo internazionale del Paese, nonostante uno scarso impegno sul terreno del risanamento dei conti pubblici e la pratica del finanziamento illecito dei partiti.
Sulla base di tale ultima accusa, il golpe giudiziario e mediatico del biennio ‘92/‘94, con manovratori internazionali, produsse la scomparsa di tutti i soggetti politici che avevano partecipato al primo cinquantennio di vita democratica. i partiti sono stati trucidati con un processo di piazza ed una esecuzione sommaria, senza attendere l’esito dei processi, che in gran parte hanno finito col ridimensionare vicende giudiziarie, sicuramente amplificate dall’impatto emotivo formidabile e da un’accorta regia, che ha fatto esplodere uno scandalo senza precedenti. Si è trattato di un vero e proprio colpo di Stato mediatico giudiziario, col sostegno, e probabilmente molto di più, di oscuri poteri economici e determinanti interferenze internazionali, non senza il coinvolgimento dei rispettivi efficientissimi servizi ed il dispiegamento di rilevanti sostegni finanziari.
La conseguenza è stata lo sterminio, avvenuto proditoriamente, di tutti i partiti tradizionali, che per l’intero dopoguerra avevano rappresentato la democrazia italiana, tranne due, che democratici non erano, e si erano sovente dichiarati contro l’ordine costituzionale: i fascisti ed i comunisti. Entrambi, pur cambiando varie volte denominazione, sono stati risparmiati dalle Procure, come dai media, e continuano ad esistere. Gli uni hanno raccolto anche una parte del mondo conservatore, gli altri si sono ricongiunti con i cattocomunisti, che, prima, mimetizzati nella DC, si definivano cattolici democratici, col vezzo di usare la stessa formula semantica della Repubblica democratica di Germania, quella dell’Est sotto il dominio di Mosca.
In tutto il mondo le denominazioni dei partiti sono: progressisti, conservatori, socialisti, liberali, riformatori, nazionalisti o regionalisti. In Italia invece esiste una sorta di maledizione che non lo rende possibile, poiché tali espressioni evocano la Prima Repubblica, quindi quella che ormai per definizione universalmente accettata viene indicata come l’origine di tutti i mali. Ne consegue, come ovvia conseguenza, che i relativi soggetti politici, distrutti dal golpe, non hanno il diritto di rivivere.
Ebbene, se le culture politiche nel mondo intero sono quelle e non altre, non potendo riproporre le antiche denominazioni con i relativi significati evocativi, è stato facile per molti avventurieri, opportunisti, affaristi e pirati, approfittarne per inventare e mettere sul “mercato” della politica simboli e acronimi di fantasia, che non rappresentano altro che partiti padronali, populisti, sovranisti, autoritari, antipolitici, quindi del nulla. Tali soggetti dominano da più di un quarto di secolo l’intero panorama parlamentare del Paese e sono interessati esclusivamente ad impossessarsi e gestire il potere. Essi agiscono in sintonia, anzi a volte, si rendono servili ad un Ordine giudiziario onnipotente, lottizzato, diretto dalle Procure, autoreferenziale, il quale risponde per le proprie omissioni o reati, nonché disciplinarmente, alla propria stessa corporazione, rimanendo quindi sempre impunito.
Parlare di programmi, di schieramenti, di alleanze è quindi un esercizio praticamente inutile. Come abbiamo visto di recente la cosiddetta destra si allea con la sedicente sinistra, poi si dividono e cambiano coalizione, ma sempre unendosi con forze che nella campagna elettorale si erano definite alternative. Finalmente la fortuna dell’Italia ed il buon senso di Mattarella, al quale bisogna rendere atto, ci hanno regalato il miracolo di un uomo, sicuramente di levatura superiore, grandi esperienze internazionali e conseguente autorevolezza, come Mario Draghi, che è sostenuto da una amplissima maggioranza. Egli ascolta tutti con cortesia e pazienza, ma decide da solo. In poco tempo ha avviato una notevole campagna vaccinale, che sta dando i risultati sperati, dopo aver rimosso il precedente opaco Commissario ed averlo sostituito con un efficiente generale. Inoltre, ha rapidamente riscritto di sana pianta il Recovery plan e lo ha mandato a Bruxelles, dove verrà approvato e inizierà rapidamente la sua attuazione. Ha quindi rimosso i responsabili dei servizi ed i vertici più delicati della struttura statale e ne ha assunto personalmente il controllo. Per cultura non siamo favorevoli all’uomo solo al comando, ma quando il degrado arriva al punto di non ritorno, come abbiamo potuto constatare durante i Governi del Prof. Conte, per bonificare l’ambiente politico e sociale, rimettere a posto la macchina statale e ripartire, dopo una crisi sanitaria ed economica senza precedenti, questo era necessario. Direbbe Salvemini che abbiamo fatto ricorso alla necessaria scopa della storia.
Il profilo particolare del Governo Draghi, inoltre consentirebbe, a meno di ulteriori interferenze internazionali, mediatiche o giudiziarie, di ricostituire un nuovo tessuto politico fondato su partiti identitari, anche se gradualmente e tenendo conto della obiettiva difficoltà di reinventare una classe politica degna di questo nome, come fu nel dopoguerra. Il PLI è pronto a fare la sua parte, ignorando i falsi, le maldestre imitazioni, o gli opportunismi che abbondano, ma che non sono in condizione di andare lontano. Alle prossime elezioni politiche sulla scheda elettorale il simbolo del Partito Liberale Italiano ci sarà.