
“Paradossi italici”
Il grande latitante di questo periodo politico è il pensiero liberale. Pensiero che ha costruito e seguito la nascita della Repubblica italiana, decretandone successi e progresso. Come dimenticare i primi due Presidenti della Repubblica, De Nicola e Einaudi, entrambi liberali? Oppure, come tacere l’influenza di Benedetto Croce sul pensiero politico contemporaneo? Ebbene, che ne è di quel partito che, seppur piccolo, è stato determinante per la storia repubblicana? Secondo il segretario Giancarlo Morandi, presidente del Consorzio Nazionale Raccolta e Riciclo, “Il Partito Liberale, dopo esser stato ricostituito dall’avvocato Stefano De Luca, ha sfilacciato le varie collaborazioni nelle diverse Regioni, ed è venuto ad essere poco presente nella scena politica. L’ultima iniziativa politica esterna è stata quella di presentarsi alle ultime politiche con il proprio simbolo, correndo da soli”.
Certo, il clima di distacco, di astensionismo dilagante che sta colpendo trasversalmente tutti gli schieramenti, non aiuta. “Negli ultimi anni abbiamo perso addetti, riducendo l’organizzazione. Questa malattia che porta la gente a non impegnarsi attivamente, che porta milioni di elettori a non riconoscersi più in nessuno è però anche colpa di chi non riesce ad essere più visibile, presente”. Del resto anche i grandi partiti, Pd in testa, faticano a trovare iscrizioni, riducono il numero delle sedi, addirittura mettono in cassa integrazione i dipendenti. Accettare l’incarico di segretario di un piccolo partito, viste queste premesse, dev’essere una bella sfida. “Un mio amico, dopo le elezioni europee, mi ha detto: ‘Sei in sella’. Sì, il problema è che manca il cavallo” – scherza Morandi, il quale afferma di aver accettato l’incarico “Per amor di patria”.
Torna però immediatamente serio, quando parla delle sue prospettive per il PLI: “Negli ultimi mesi è cambiata la percezione verso il nostro partito. Abbiamo trovato molte più persone disposte ad iscriversi; abbiamo aperto delle sezioni in Veneto, Toscana, nel Sud Italia, dove da anni non c’era nessun incremento né di iscritti né di organizzazione. Questo credo sia dovuto alla mancanza di offerta identitaria da parte degli altri partiti. È un segnale importante”. Che manchino identità chiare e differenti tra i partiti che dominano lo scenario politico è evidente. Chi si sarebbe aspettato di trovarsi con una sinistra che attacca il sindacato e una destra che, invece, gli strizza l’occhio. “Non si sa più cosa sia destra e cosa sia sinistra. Non si sa più quale sia il pensiero di riferimento. Se andassimo a vedere chi ha veramente vinto le Europee scopriremmo che ad incrementare i loro voti sono stati quei movimenti ad espressione di identità chiare: si pensi a Tsipras o a Fratelli d’Italia”. Vincono le idee chiare, insomma. E dunque, in cosa consiste il pensiero liberale? “Il pensiero liberale è frainteso in tutta Europa. Pensate che ha fatto parte
dell’Internazionale anche Di Pietro, per dire…” Basta dirsi liberali, quindi. “Essere liberali significa, non solo avere un certo concetto dell’economia, ma anche avere una certa idea di libertà individuale, che a volte ad alcuni amici di destra, sfugge. Per quanto riguarda la ricetta liberale in economia, cercherò di essere sintetico: ogni famiglia che è fortemente indebitata, che farebbe? Cercherebbe di vendere i propri gioielli di famiglia, accumulati nel tempo, per ridurre la pressione degli interessi. In Italia la valutazione dei beni pubblici va da 300 a 600 miliardi. Non siamo così illusi da credere che si possano vendere tutti, e subito, ma esiste un meccanismo finanziario grazie al quale si potrebbero far confluire tutti questi beni in una società fortemente capitalizzata che potrebbe vendere delle azioni con la garanzia di questi immobili pubblici, creando così reddito e allentando la morsa degli interessi. Questo, per quanto riguarda una strategia a medio-breve termine. A lungo termine occorre ridare spazio agli investimenti mirati. Nell’istruzione, ad esempio: settore fortemente sottovalutato nell’importanza che può avere rispetto al nostro futuro. Una buona formazione è la base di una società più giusta, in grado di competere con il resto del mondo”.
Quando parla di progetti e di prospettive, Morandi lo fa con quella passione di chi ha nutrito grande esperienza a livello internazionale, e che vorrebbe metterla a disposizione del proprio Paese. “Sono presidente di una Onlus che aiuta i bambini figli dei rifugiati che scappano dal Tibet. Loro frequentano una scuola che è organizzata dal Dalai Lama. Escono da questa scuola che sanno quattro lingue (sorride, ndr). Questo per dire che l’unico modo per avere una classe dirigente competente e competitiva è investire nella formazione dei giovani”. L’obiezione più semplice che viene da fare è che sarebbe bellissimo poter investire nell’istruzione, ma non c’è spazio, non ci sono risorse e visti i parametri rigidi (troppo) sui conti pubblici esse non si possono neanche sbloccare. “Attenzione, un conto sono gli investimenti pubblici un altro quelli dei privati. Parliamo di quelli privati: con una macchina burocratica così da spavento non si può sperare in alcun investimento. Uno dei motivi più importanti per cui un’azienda, dopo aver valutato il sistema-Italia, non viene qui ad investire, non è il costo del lavoro: è il fatto che se c’è un contenzioso, per aver risposte, occorre aspettare troppo tempo. Se non c’è certezza del diritto, con leggi decenti e tempi brevi, di che parliamo?”. Un po’ come la nuova disciplina del codice stradale, quella che impone di scrivere sul libretto il nome di chi guida l’auto per più di trenta giorni consecutivi se la proprietà non è sua. “A parte che per spiegare questa nuova disciplina sono servite due circolari: una lunga 67 pagine e l’altra 30. Ma poi a che serve? Se un vigile ferma un automobilista e gli chiede da quanto tempo guida quella macchina, la risposta sarà “da tre giorni”. E come fa a verificare che invece sono trenta? Follia.
“Una burocrazia da snellire, semplificare, razionalizzare. Piccolezze che però si rispecchiano nelle grandi cose, come ad esempio le concessioni per fare dei lavori. Anni e anni di attesa e, spesso, le risposte non arrivano. Certezza di tempi e diritti, insomma, alla base della dottrina liberale”. “Ma anche legalità”, sottolinea Morandi. “In alcune regioni, se apri un’industria, sei sottoposto al ricatto del malaffare. E, vista l’assenza di tutele, alcuni imprenditori sono obbligati a far patti con la mafia, per poi finire criminalizzati e distrutti da inchieste e indagini. Ma chi è che deve tutelare dalla mafia? Se tu (Stato) mi dai un appalto e io (azienda) non sono in grado di andare avanti perché la mafia mi mette i bastoni tra le ruote, come ne esco? O pago il pizzo o pago i danni che lo Stato chiede in caso di mancato adempimento”. I paradossi italici.
Esistono però paradossi più divertenti. Il centrodestra si sta riunendo attorno a una personalità che, almeno per il momento, sembra essere vincente. Parliamo di Salvini. “Salvini è molto bravo. Tratta di temi nazionali, non più solo settentrionali. Parla alla pancia degli italiani, e sembra che ci stia riuscendo bene. Tra l’altro sta riuscendo ad organizzare un blocco molto forte a destra che, però, non è un blocco di governo. Il problema è sempre lì: va bene sbandierare le problematiche, serie, che stiamo vivendo, ma poi servono soluzioni concrete. E Salvini è molto distante da una visione concreta di governo. C’è però un altro esponente della Lega, giovane, e molto più adatto a rappresentare un nuovo mondo di centrodestra: Flavio Tosi”. Con Tosi si può dialogare per creare, ad esempio, una costituente del mondo liberale per presentare al paese una vera soluzione di governo, magari che non si chiami Partito Liberale, ma in altro modo? “La nostra politica è di centrodestra, valutiamo positivamente sinergie con chi parla la nostra lingua.”
Tratto da italiarinasce.it