Non si può accettare tanta barbarie, di Stefano de Luca

L’ atto efferato di cui è stato vittima Enzo Fragalà turba profondamente ogni coscienza umana e civile. Al dolore per la scomparsa del più dolce degli amici, che ci ha privato per sempre del suo sorriso, si aggiunge, indomabile, la rabbia per la violenza con cui è stato eseguito.

Piango  inconsolabile sulla tragica fine del mio amico di sempre, nello sport, dal cavallo alla vela, negli svaghi, dal mare alle serate nella sua bella casa di Mondello a casa mia o in quelle di amici comuni, nell’attività pubblica, dal Consiglio Comunale al Parlamento, nella professione, come collega avvocato e difensore personale. Ma piango disperatamente per la mia terra. Come farò, dopo quello che è accaduto, a dirmi orgoglioso della Sicilia e di Palermo, dove sono nato e cresciuto, senza invece trasformare il mio sentimento in una altrettanto forte sentimento di vergogna. Una terra dove può allignare un simile livello di barbarie omicida, ed in quel terribile modo, non può avere il diritto di definirsi civile, finché non sarà in grado di ammettere di esserne corresponsabile per la propria indifferenza, per l’egoismo della scelta di sopravvivere, piuttosto che di vivere.

Non è più tempo delle frasi di circostanza o della rituale solidarietà verbosa. Se esiste, ammetto che ne dubito, un’ anima in questa terra, che sembra averla smarrita, la risposta deve essere talmente forte da far sentire inequivocabilmente la volontà di una svolta radicale. Non esito a mettere Enzo a fianco di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. La sua fine ha quegli stessi identici tratti ed io provo lo stesso sentimento indescrivibile di dolore misto a rabbia. L’avvocatura è stata troppo debole e paga oggi un duro prezzo. La vittima è stata Fragalà, ma il colpo è contro l’intera categoria, come lo è stato ieri nei confronti della Magistratura. Non posso rassegnarmi, non mi rassegnerò mai. Io stesso mi sento colpevole per non aver gridato abbastanza in passato. Eppure chi mi conosce sa che l’ho fatto. Ma ho accettato arrendevolmente di prendere atto che la mia voce era troppo flebile, che il potere ed i poteri sono troppo più forti. Oggi o queste forze oscure del male vengono abbattute, schiacciandole come serpi, quali sono,  o sarò costretto a bruciare la mia toga, a rinnegare quello che ho fatto in politica, a distruggere la mia carta di identità di palermitano.

Amici liberali, abbassiamo le nostre bandiere in segno di lutto, ma prepariamoci a rialzarle come delle lance contro la mafia ed i suoi complici,  compresi quelli, che ne sono obiettivamente altrettanto responsabili, a causa della loro  inconsapevole codardia.

Stefano de Luca

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