No all’uomo solo al comando

Lascia sgomenti la lettura del fondo sul Corriere della Sera a firma di Ernesto Galli della Loggia dal titolo “Puntare tutto su una persona”. Osservando quanto avviene in Italia da un ventennio, quella che appariva come una domanda, presupponeva soltanto una risposta negativa. Invece quel titolo era un’affermazione e rappresentava l’invocazione dell’Uomo del destino.

Il nostro Paese, pur avendo da centocinquant’anni raggiunto l’unità geografica, è ancora ben lontano da quella nazionale, e rivela la vocazione alla ricerca dell’uomo solo al comando. Tuttavia la drammatica esperienza del fascismo dovrebbe aver dimostrato la pericolosità di assecondare tale tendenza, in particolare dopo il deleterio ventennio berlusconiano, caratterizzato da partiti e partitini di ispirazione personale. Nel momento in cui Matteo Renzi ha avuto il merito indiscutibile di esser riuscito a sconfigge le resistenze della struttura ex comunista del suo partito, ancorata al potere locale, alle cooperative, al mondo sindacale, al collateralismo clientelare, sarebbe un fallimento se la liberazione da un passato così pesante, si dovesse risolvere nella prospettiva del sindaco d’Italia con pieni poteri. Oltre che sbagliata, tale strada, che mette a serio rischio la democrazia, finirebbe con l’assecondare le pulsioni populiste, che nascono dal grave disagio sociale e dalla diffusa disperazione, che si sta esprimendo in tutte le piazze del Paese, anche in forme spontanee.

Sorprende nell’analisi di un attento osservatore della realtà italiana, come Galli della Loggia, al quale non dovrebbe sfuggire la pericolosità del suo auspicio, la invocazione di una leadership “incarnata solo da una persona, da un individuo, non da una maggioranza parlamentare o da un’anonima organizzazione di partito”.

Oggi le personalità che potrebbero proporsi come destinatari di un così grande potere esclusivo sono Grillo, Berlusconi e Renzi. Sorge spontanea la domanda: e se il destinatario di una così assoluta delega di potere dovesse impazzire? Per quanto concerne due di essi, la possibilità è molto concreta e ne hanno dato anche forti segnali. Se ne dovrebbe dedurre, anzi questo è sicuro, che il nostro fondista pensi solo al terzo. E se invece tutto questo dovesse fare solo il gioco dei forconi?

Un intellettuale come lui, dovrebbe ricordare l’errore di un altro personaggio, di ben più alto spessore, come Gaetano Salvemini, che aveva indicato il Cavalier Mussolini, come “la necessaria ramazza della storia”. Ovviamente, questi dovette pentirsene amaramente, sia personalmente, pagando con un lungo esilio il proprio errore di valutazione, sia per il Paese, che perse la libertà e fu scaraventato in una guerra disastrosa.

Galli della Loggia insiste nell’errore, che accomuna tutti i comunisti pentiti, i quali ritengono che l’unico pensiero politico fosse quello da loro scelto e che, dopo il suo storico fallimento, la soluzione sia quella di affidarsi al pragmatismo ed alle qualità miracolistiche di un capo carismatico. Si tratta di un’idea diffusa nel Paese, che ha trovato qualche eco persino nella riunione che abbiamo tenuto come federazione di “In cammino per Cambiare” sabato scorso a Roma.

Un ventennio di incultura e di leaderismo becero hanno fatto prevalere la convinzione che le formazioni identitarie, i partiti costruiti su un insieme di valori, la riconciliazione fra politica e cultura, fossero residui di un passato da archiviare, nostalgie che condannano all’impotenza. Chi sostiene questo non si rende conto che governare un Paese, principalmente in un momento di crisi, non solo economica, ma valoriale, impone come primo obiettivo quello del recupero di un’etica, che può essere legata soltanto al disegno di un modello di società.

In Europa tre sono i filoni di pensiero che si contendono il primato, con alterne vicende: il popolarissimo cristiano, la socialdemocrazia, il liberalismo. Noi intendiamo fare, come liberali italiani, la nostra parte. Per questo abbiamo con forza sostenuto la necessità che il progetto avviato, insieme ad altri movimenti e di cui si è discusso nella riunione romana, debba assumere un netto profilo liberale in stretto raccordo con l’ALDE, che è la casa politica dei liberali europei. Non siamo disponibili ad avventure pragmatiche, fondate soltanto su fumosi programmi, parole d’ordine populiste e la disperata ricerca di personaggi salvifici.

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