Mediaconciliazione e processo civile
La questione della media-conciliazione è troppo complessa per poterla affrontare in poche righe di commento, e quindi, il comunicato del PLI dell’altro ieri, nella sua concisione, non ha potuto affrontare tutti i nodi della questione, che ora cercherò di riassumere, senza pretesa di esaustività.
Premetto che, nella situazione di collasso in cui si trova attualmente il sistema della nostra giustizia civile, con un carico di sopravvenienze che supera quello delle definizioni, nessuna persona ragionevole potrebbe essere contraria, in via di principio, a meccanismi di deflazione che possano alleggerire la situazione delle nostre corti di giustizia, in particolare nelle materie bagattellari, senza per questo diminuire i meccanismi di garanzia che devono presiedere alla soluzione delle vertenze civili; ancora meno, ove mai questa ipotetica contrarietà nascesse dall’esigenza di tutelare qualche interesse corporativo, che certamente non appartiene ai liberali, che hanno sempre come bussola di riferimento l’interesse generale.
Il problema è piuttosto di capire se lo specifico strumento previsto dal D. Lgs. 28-2010, che a partire dal 21 marzo renderà obbligatorio il meccanismo della c.d. media-conciliazione, sia in grado di migliorare la situazione, ovvero se non sia potenzialmente capace di peggiorarla, introducendo una sorta di quarto grado preventivo di giurisdizione, piuttosto che evitando il ricorso alla giustizia più o meno togata, e così finendo per complicare una situazione che avrebbe invece estremo bisogno di essere semplificata.
Proverò a riassumere quelli che sono a mio parere i punti nodali della questione, tralasciando taluni aspetti di dettaglio che, pur tali da suscitare dubbi e perplessità di natura procedimentale, chiaramente non rilevano in una discussione di ordine generale.
1) C’è in primo luogo il problema della vastità e rilevanza delle materie interessate dalla media-conciliazione, che dal 21 marzo sarà obbligatoria per tutte le vertenze riguardanti diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento danni da responsabilità medica e da diffamazione mediatica, contratti assicurativi, bancari e finanziari, mentre in tema di condominio e di risarcimento danni per incidenti stradali e nautici diverrà obbligatoria a partire dal 21 marzo del prossimo anno.
Tra tali vertenze ce ne sono certamente molte di poco conto (piccole beghe condominiali, incidenti con danni di scarso valore, stranamente proprio le materie che hanno beneficiato di un rinvio di un anno), ma ce ne sono anche tante altre che sono certamente di grande rilievo, come quelle in tema di diritti reali, di successioni e divisioni, di affitto di aziende, di contratti bancari ed assicurativi, talvolta con ricadute economiche notevoli.
Sta proprio qui il primo errore della riforma: e cioè quello di una imprudente attribuzione per materia, mentre sarebbe stato più utile attribuire alla previa conciliazione, addirittura anche in forma esclusiva e preclusiva, soltanto le materie di scarsa importanza, che sono tantissime e che sono poi quelle che ingolfano inutilmente le aule di giustizia.
2) C’è poi la questione della qualificazione professionale dei mediatori, cioè delle persone che saranno chiamate a dirimere questioni, anche molto complesse, che normalmente richiedono specifiche competenze giuridiche di base.
Fermo restando il rispetto dovuto agli organismi di conciliazione, che certo faranno del loro meglio per ottimizzare il lavoro dei mediatori, io penso che affidare un compito così delicato, che potrebbe incidere su diritti soggettivi fondamentali, a chi possiede solo una laurea triennale ovvero sia iscritto ad un qualsiasi ordine o collegio professionale, ovvero anche a chi sia già accreditato come mediatore presso le Camere di Commercio in materia di servizi e di utenze, significa mettere tali diritti nelle mani di chi può anche essere assai competente nel suo specifico settore di attività, ma anche assolutamente inadatto a dirimere questioni rilevanti nel campo del diritto
Né è pensabile che alla mancanza di nozioni di base possa supplire un qualche corso accelerato di formazione, che potrà anche dare un’adeguata istruzione sui meccanismi del procedimento, ma che non potrà mai fornire complesse nozioni tecnico-giuridiche che possono acquisirsi soltanto (e neppure sempre) durante un completo corso universitario in giurisprudenza.
3) La mancata previsione di un’adeguata qualificazione professionale dei mediatori risulta aggravata dalla mancata previsione della obbligatorietà della difesa tecnica, essendo previsto che la parte interessata possa accedere alla procedura anche senza assistenza di un qualificato difensore.
Questa criticità, che più si presta all’accusa di corporativismo rivolta agli avvocati, non è meno grave delle altre, giacché potrà accadere che un cittadino digiuno dei suoi diritti si rivolga ad un organismo di conciliazione senza l’assistenza di un legale, e si induca poi a conciliare in ordine ad un diritto soggettivo, anche rilevante, ad opera di chi sia anch’egli assolutamente privo di adeguate nozioni giuridiche, trovandosi così esposto a subire le conseguenze della propria e dell’altrui ignoranza (nel senso di “non conoscenza”), con l’accettazione di un accordo destinato a divenire titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale o per la trascrizione immobiliare.
4) Allo stato, la mia conclusione è che, ancora una volta, si è preferito di inviare un messaggio subliminale piuttosto che di risolvere un problema, e si è perseguito un effetto emergenziale di breve periodo rispetto ad uno organico di lunga durata.
Il messaggio è che questo Governo sta riformando la giustizia civile, mentre sta solo aggirando il suo vero nodo gordiano, che è quello della lentezza esasperante dei processi.
L’effetto reale sarà quello di dilazionare di quattro mesi (tanta è la durata prevista per la media-conciliazione) l’accesso dei cittadini ai tribunali della Repubblica, che così godranno di un piccolo sollievo temporale per il blocco delle sopravvenienze, salvo poi a restare nuovamente ingolfati nel periodo immediatamente successivo.
All’inaugurazione del prossimo anno giudiziario il Ministro potrà così menare vanto della diminuzione del contenzioso civile, e così saremo tutti soddisfatti e gabbati, posto che, se la media-conciliazione non avrà successo (com’è a suo tempo avvenuto nel settore lavoristico) si finirà per introdurre una sorta di “pre-giudizio”, che porterà i gradi di giudizio a quattro, in luogo dei tre attuali, con ulteriore prolungamento dei tempi della giustizia.
5) Non è con questi pannicelli caldi che si risana il sistema della giustizia civile nel nostro Paese, che va invece affrontato globalmente con una drastica cura, ad un tempo dimagrante ed ingrassante.
Di rimedi adatti ce ne sarebbero molti, a cominciare dalla chiusura di tanti Tribunali inutili, nati quando per andare dal capoluogo alle località minori ci volevano ore di viaggio, e che ormai rispondono solo a ragioni di gretto campanilismo locale (la “cura dimagrante”).
C’è poi la necessità di una “cura ingrassante”, con massicci investimenti nel settore giustizia per la informatizzazione degli uffici, per la formazione telematica del personale, per introdurre la verbalizzazione contestuale delle udienze.
Proseguendo nella metafora, sullo sfondo resta la necessità di un cambio radicale di “alimentazione”, con l’adozione di quella grande riforma del processo civile alla quale, prima o poi, dovremo pervenire, rinunziando a rattoppare continuamente un vestito ormai irrimediabilmente sdrucito che, toppa dopo toppa, è diventato un vero abito di Arlecchino.
Ne accennerò solo brevemente, riservandomi di tornarci sopra se a qualcuno pungerà vaghezza di approfondirlo.
Le questioni bagattellari (e cioè al disotto di una certa soglia di valore) potrebbero essere affidate in via esclusiva ed addirittura preclusiva a procedure di media-conciliazione che esaurirebbero in tale ambito l’esercizio della giurisdizione, sulla base del principio romanistico “de minimis non curat praetor”..
Per le questioni al disopra di quella soglia, il giudizio civile di primo grado, – oggi formalmente misto (scritto ed orale) ma in effetti totalmente scritto – dovrebbe diventare quasi del tutto orale, restando lo scritto riservato alla citazione introduttiva (su apposito modulo prestampato) ed alla sentenza (con motivazione succinta o addirittura eventuale, da stendere solo in caso di impugnazione), mentre le prove dovrebbero essere prodotte sin dall’inizio ad esclusiva cura delle parti (documenti, affidavit per le testimonianze, expertise per le consulenze), salva restando la libera valutazione del giudice e la possibilità di emettere ordinanze istruttorie integrative delle carenze eventualmente riscontrate.
Il giudizio di appello dovrebbe essere esclusivamente scritto, con ricorso e risposta di parte, senza inutili udienze e con assoluto divieto di produrre nuove prove.
Ed il giudizio in Cassazione dovrebbe essere consentito solo per violazione di legge ed anch’esso esclusivamente scritto (ricorso e controricorso con eventuale ricorso incidentale), con decisione da adottare in camera di consiglio senza quelle formali udienze di discussione, che servono solo a fare perdere tempo agli avvocati ed ai giudici.
Qualche idea ce l’avrei anche per velocizzare il processo penale, ma non mi sembra questo il luogo per discuterne, e quindi mi fermo qui.
Enzo Palumbo