L’inizio della fine
Il giorno delle elezioni nel nostro Paese è stato a lungo atteso come la fine di un incubo. Nonostante l’enormità dei problemi, da una parte (pochi) hanno coltivato la speranza che l’evento democratico potesse risolverli, mentre dall’altra (molti) hanno progressivamente alimentato una disperazione intrisa di rabbia. La grande crisi, quindici mesi fa, ha imposto di ricorrere al governo tecnico per evitare di affrontare elezioni al buio in un momento difficile ed accompagnare il necessario passaggio verso una Terza Repubblica fondata su basi nuove, rispetto alla cosiddetta seconda, risultata fallimentare.
Il rimedio è risultato peggiore del male. Monti, oltre ad aver rivelato grandi limiti come economista, imponendo sacrifici eccessivi, che hanno ulteriormente depresso l’economia reale, non è stato in grado di vincere le resistenze corporative dei partiti che sostenevano il Governo. Ha quindi proseguito una linea di continuismo compromissorio, prevalente in Italia da oltre un quarantennio, secondo la quale non si possono toccare i privilegi e gli interessi delle categorie organizzate, che assorbono la maggior quantità di spesa pubblica parassitaria ed inutile. Anziché ridurre la spesa, ha quindi portato la pressione fiscale a livelli record in un Paese, che, invece, offre servizi scadenti e che aveva bisogno di incoraggiare i nuovi investimenti, l’occupazione giovanile, la qualità dell’istruzione, l’eliminazione del freno burocratico alla crescita. Anche i modesti tentativi di spending review, come la parziale riduzione del numero delle Provincie, sono stati fermati da un Parlamento in mano alle lobby e incapace di capire l’urgenza di un radicale cambiamento.
Il debito pubblico è quindi cresciuto, mentre il PIL diminuiva. Non si è neppure pronunciata la parola liberalizzazioni, mentre le aziende pubbliche (ENI e Finmeccanica in particolare) venivano investite da un ciclone scandalistico, che evidenziava il perverso rapporto tra i propri manager ela politica. Gli organismi di vigilanza permettevano l’acquisizione della disastrata FONSAI da parte della debole Unipol, come avevano consentito, facendo finta di non vedere, che MPS continuasse nella propria spericolata azione di espansione con una finta capitalizzazione, che portava la Banca in un tunnel di inevitabile disastro finanziario. Tutto questo per consentire al PD di mantenere o rafforzare il braccio armato del tradizionale collateralismo economico, attraverso un sistema di cooperative, imprese e Istituti bancari sotto la sua influenza.
In un simile contesto, anziché imboccare la strada del superamento del bipolarismo all’italiana, era inevitabile che l’appuntamento elettorale ne registrasse la riproposizione, determinando il collasso del sistema e provocando una reazione popolare fortissima. Ad essa ha influito anche la salita in campo di Monti, il quale, piuttosto che presentarsi come alternativa ad una fallimentare contrapposizione tra destra e sinistra, si è lasciato condizionare da poteri esterni per ricostituire un partito cattolico, che, come primo obiettivo, ha avuto quello del parricidio, cioè della distruzione, dopo averlo inglobato, del partito di Casini, per seguire l’indicazione che veniva dalla fazione della Curia romana, che lo ha ispirato.
Il rilancio di un fallimentare bipolarismo, ha confermato l’incapacità della sinistra, in un primo tempo apparsa vincente, di conquistare la fiducia degli italiani, mentreLa nuova DCdi Monti ha rivelato che, come unico obiettivo, coltivava quello di proporsi come alleato indispensabile del PD per governare, perdendo credibilità. Ne ha approfittato il Cavaliere per tentare una disperata resurrezione, in gran parte riuscendovi. Tuttavia l’esplosione degli scandali, che destra e sinistra si sono scagliati a vicenda come macigni, ha finito col rafforzare il già solido movimento di Grillo, abilmente propostosi come partito antisistema e che avrà sicuramente un enorme successo, fino a rischiare di proclamarsi vincitore delle elezioni, oltre che sicuramente in termini relativi, anche in senso assoluto.
Se Monti, anziché rassegnarsi ad una navigazione a vista, si fosse dimesso di fronte alla impossibilità di realizzare le riforme necessarie e, come abbiamo auspicato, avesse promosso la costituzione di una nuova, credibile coalizione di stampo liberal-democratico europeo, con laici e cattolici, le cose sarebbero andate in modo diverso. Ha invece preferito sottostare agli interessi di ben identificabili poteri, che hanno assunto il predominio e che non vogliono che la politica riconquisti il primato che le competerebbe, incurante delle difficoltà cui andrà incontro il Paese.
Tra poche ore saremo informati dei dettagliati risultati di un disastro annunciato, la cui portata tuttavia ci è già nota. Il ruolo di tutti coloro, che come il PLI, si sono tirati fuori dalle ammucchiate, realizzate per vincere la elezioni, non per governare, è stato reso marginale da una perversa legge elettorale, che oltre a prevedere la nomina dei parlamentari, impone una onerosa raccolta di firme, che non consente a tutti i protagonisti di essere presenti sull’intero territorio nazionale e favorisce con disparità nelle soglie di sbarramento, palesemente incostituzionali, le coalizioni più grandi. Inoltre, la violazione sistematica di quella che ipocritamente è stata chiamata par condicio nella fase di propaganda elettorale, ha provocato un’ulteriore negativa reazione degli elettori, che si sono visti riproporre le immagini dei responsabili del declino.
Tuttavia questa è la Democrazia. Se il popolo, a causa di perversi meccanismi, non è messo nelle condizioni di scegliere per un cambiamento responsabile, finisce con l’aderire alla protesta, pur consapevole che tale scelta determinerà l’ingovernabilità. In fondo il voto per M5S ha in questo senso un significato rivoluzionario. La cosa importante è che si possa evitare quanto è successo in occasione del fascismo, con la cui nascita vi sono molte analogie. Per fortuna la statura di Grillo non è quella di Mussolini. Principalmente bisogna evitare l’indulgenza dei ben pensanti che potrebbero ritenere necessaria un’altra scopa della democrazia. Nella storia tutti i regimi autoritari (salvo quelli nati nel sangue delle rivoluzioni) sono stati generati da libere elezioni. Quanto sta avvenendo impone una seria riflessione, alla quale i “Liberali per l’Italia” hanno cercato di dare il proprio costruttivo contributo, partecipando alla competizione elettorale, anche se come atto di testimonianza morale. Da domani il loro compito sarà quello di contribuire, se finalmente vi saranno le condizioni, alla costruzione di una nuova forza politica riformatrice, fondata sul patrimonio ideale della tradizione liberale, per preparare, dopo il sicuro nulla di fatto delle elezioni di oggi, un futuro migliore.
Tratto da Rivoluzione Liberale