
Libertà, liberale, liberista, libertino
Sovente alcuni termini con radice simile, hanno significati radicalmente diversi e talvolta persino contrapposti, come quando si raffronta il significato delle parole libertà, liberale, liberista, libertino.
Libertà, la parola più bella, usata in tutte le lingue, rende l’uomo effettivamente un essere superiore, perché, a differenza degli animali selvatici, che pure vivono liberi, ha il privilegio della consapevolezza di poter approfittare di questo stato di grazia, che rende la sua vita degna di essere vissuta. Il suo contrario è la parola schiavitù, che invece rappresenta simbolicamente la massima umiliazione, che il progresso civile ha finito con identificare quale esempio di condizione contraria alla dignità dell’uomo. Quindi essere riusciti a cancellarla, dopo secoli di lotte per l’emancipazione, rappresenta una delle più grandi conquiste della civiltà moderna. La parola libertà infatti non può che riferirsi alla condizione di assoluta padronanza di se stesso da parte di ogni persona umana, frutto dei progressi culturali e civili della lunga vicenda della storia dalle origini ai nostri giorni. In ogni società evoluta la privazione della libertà è infatti la più grave forma di punizione, riservata soltanto a coloro che si siano macchiati di colpe gravissime. Una necessità imposta per la equilibrata sopravvivenza della società, ma che rappresenta una scelta sofferta volta a garantire l’intera comunità sociale. Qualcosa di disumano, quindi, che ciascuno di noi vive come una drammatica necessità e che suscita la pietà di ogni essere dotato di sensibilità.
Dopo la grande rivoluzione dell’Illuminismo, che ha liberato le Nazioni più avanzate dalla tirannide e dall’assolutismo, sono nate le democrazie liberali, che hanno promosso il liberalismo, inteso come metodo politico fondato sulla libertà e sulla sovranità popolare, attraverso la rappresentanza democratica, unitamente al bilanciamento dei diversi poteri statuali per evitare ogni abuso ed ha posto, come unico limite all’arbitro individuale, la sovranità della legge, generale ed astratta, uguale per tutti, con il fine supremo di esaltare la libertà del singolo nella compatibilità con l’uguale libertà di tutti. Il liberalismo, come cultura della libertà, o, come la definì mirabilmente Croce, come religione laica, rappresenta la difesa del diritto di libertà nel senso più ampio e completo, da quello di pensiero, di religione, di inclinazione politica, o semplicemente di stile di vita, a quello relativo alle scelte esistenziali, di intrapresa, di concorrenza, di abbattimento delle barriere di ogni tipo, di confini, di orientamenti culturali, di abitudini esistenziali e sessuali. Regimi dispotici o totalitari hanno minacciato l’umanità, come è avvenuto nel ventesimo secolo, dando luogo a feroci e sanguinose guerre con devastazioni, milioni di morti o lunghi periodi di cosiddetta guerra fredda, fino alla sconfitta o alla resa di quei nefasti regimi. Il trionfo stesso del liberalismo ha finito col far ritenere che i suoi valori fossero naturalmente quelli di ogni società evoluta, patrimonio comune di tutte le democrazie moderne, quasi dimenticando a quale prezzo la la libertà avesse prevalso e soprattutto non tenendo conto che è sempre minacciata e va tutelata e difesa. Figlia del liberalismo, anche se ogni altro ideale politico può condividerla, i suoi custodi nella essenza più piena e totale sono i liberali, seguaci convinti di quella insostituibile cultura politica, che ad essa si ispira.
Nel tempo moderno la conquista della libertà sembra acquisita, mentre tendenze populiste, autoritarie, illiberali, la minacciano sempre. Tale constatazione basterebbe a far ritenere essenziale la presenza in ogni società evoluta e democratica di un soggetto politico liberale, quale presidio e sentinella della libertà stessa. Purtroppo constatiamo che così non è, anzi assistiamo al fiorire di surrogati che impropriamente si definiscono liberali. I conservatori, che sovente sono difensori di idee in parte condivisibili e rispettabili, tendono a definirsi liberali, mentre dell’essenza del liberalismo fa parte l’avventura del progresso, di cui essi sono nemici, tanto che lo spirito innovatore e riformatore dei liberali si scontra spesso anche duramente con la pigra cultura della ottusa conservazione.
Un’altra antica disputa è quella tra liberalismo e liberismo, che ha avuto momenti anche di vivace ed elevato confronto culturale tra Benedetto Croce e Luigi Einaudi, il quale ultimo finì di fatto col dover dare ragione al filosofo napoletano. Infatti la sola libertà economica non può essere esaustiva di ogni libertà, ma sovente finisce col diventare sopraffazione, privilegio del più forte, strumento di soffocazione del concorrente più debole. La meschinità del liberismo rispetto alla grandezza del pensiero liberale classico emerge ogni qual volta bisogna fare i conti con la doverosa protezione dei più deboli o il riconoscimento di eguali diritti ai meno favoriti, agli andicappati, a coloro che non riescono, spesso per ragioni socio economiche e non per inferiori attitudini personali, a stare sul mercato, specialmente quando esso è lasciato in balia dei più forti e diventa una barbarica legge della giungla. Come è avvenuto nell’America di Trump, il liberismo esasperato impone protezionismo, chiusura delle frontiere, barriere doganali, coercizione delle regole fondamentali del mercato ed un conseguente isolamento dal resto della comunità internazionale. I campioni della maldestra imitazione del liberalismo, sostenitori del liberismo economico, oltre al già citato Trump, sono gli autocrati Zirinowskij, Orban o Salvini, che nulla o quasi hanno di liberale. Il problema dei liberali autentici è sempre quello di trovarsi in contrapposizione da un lato con i conservatori ed i liberisti, che soffocano il mercato e dall’altro con i socialisti, che non accettano la economia sociale di mercato, di stampo liberale, ma vorrebbero lo Stato che sostiene il peso di una intera società e di un’economia asfittica senza concorrenza, sulle spalle dei ristretti ceti produttivi. Far comprendere tutto ciò diviene ogni giorno più difficile per la confusione di un linguaggio divenuto povero per l’ignoranza diffusa e per una politica populista, in prevalenza con tendenze autoritarie, che tende a semplificare il linguaggio, in gran parte per ignoranza, ma sovente per confondere il significato di parole, a volte simili, ma con rilevanti differenze. Nel nostro Paese la confusione ormai è totale, fino ad aver consentito ad un libertino di definirsi liberale e ad ex democristiani od avventurieri in cerca di legittimazione di confondere il liberismo con il liberalismo, o di sostenere che socialismo e liberalismo siano la stessa cosa. Queste contraddizioni linguistiche producono confusione e smarrimento ed equivalgono a sostenere che cattolico, ebreo, buddista, islamista o ateo siano pressoché la stessa cosa. Non si tratta soltanto di una disputa semantica, ma di differenze sostanziali.
Tratto da Rivoluzione Liberale