Lettera aperta all’ On. Stefano de Luca
Caro Stefano,
dopo una lunga e travagliata fase di inattività forzata voglio scriverti per invitarti a rilanciare, con tutte le tue energie, una nuova fase politica del PLI. Faccio subito una doverosa premessa per chi leggerà questa lettera: io non mi sono mai nascosto dietro un dito; sono sempre stato un Deluchiano convinto fin da quando ho avuto il piacere e l’onore di conoscere Stefano e di scoprirne le sue qualità politiche ed umane. Ritengo Stefano l’unico ancora in grado di risollevare il PLI con uno scatto d’orgoglio e con un colpo di reni dalla sua parabola segnata da tempo.
Lo spunto di questa meditazione aperta è dovuta ad una notizia riportata da tutti i giornali di un paio di giorni fa: la sentenza della Corte di cassazione chiamata ad esprimersi sulla detenzione di una piantina di canapa indiana da parte di un ragazzo poco più che ventenne. La Suprema corte ha motivato nel modo seguente la decisione di confermare la sentenza di assoluzione già sancita dalla corte d’appello: “la coltivazione di una piantina in un piccolo vaso sul terrazzo di casa con un principio attivo di mg 16, è un comportamento da ritenere del tutto inoffensivo e non punibile anche in presenza di specifiche norme di segno contrario”.
“Anche in presenza di specifiche norme di segno contrario”. In altre parole la Suprema corte ci vuol dire che si la legge prescrive una pena per questa illecita detenzione ma il raziocinio e il buon senso devono andare oltre, devono scrutare dall’alto i fatti contestati con un diverso punto di vista: quello della vera legalità in grado di sbugiardare una legge criminogena ed inefficiente che costringe migliaia di liberi cittadini ad espiare pene per aver semplicemente coltivato una pianta vegetale.
Ma, Caro Segretario, e noi non avevamo già intuito che in uno Stato di diritto ognuno deve essere libero fino a quando la sua libertà limita quella degli altri? Non è questo un principio fondante per un Partito che ha l’onore di fregiarsi come liberale? E perché allora siamo stati in silenzio davanti a leggi di questo tipo? Ci siamo assuefatti a tal punto da poter tollerare un proibizionismo becero a anacronistico e abbiamo inoltre chiuso gli occhi quando migliaia di giovani e meno giovani chiedevano nelle piazze che gli venisse riconosciuto un diritto fondamentale, sa quale diritto reclamavano? Il diritto di amarsi! Si abbiamo chiuso entrambi gli occhi di fronte alla richiesta di questi cittadini di potersi vicendevolmente amare e poter essere uguali a tutti gli altri. Ma come è possibile che non ci siamo accorti di tutto questo? Dove guardavamo? Di cosa discutevamo?
La legalità è una necessità per tutti i cittadini che credono in uno stato di diritto ma la legalità deve essere suffragata da leggi lungimiranti che tengono conto del contesto sociale mutevole e dinamico nel tempo. Ma che c’entrano le leggi proibizioniste al giorno d’oggi? Non è meglio regolamentare? Che c’entra la discriminazione degli omosessuali nel 2011? Non è meglio attuare una politica che tenga conto di tutte le varie preferenze sessuali e a tutte riconosca uguali opportunità? Ma chi dovremmo rappresentare se non siamo nemmeno in grado di intendere quello che si poteva leggere e percepire nelle piazze e in tutti i movimenti giovanili nel corso di questi anni? Che in tutta Europa c’è da lungo tempo un fermento che stava maturando in una domanda di libertà, una domanda di vero cambiamento proveniente da una nuova generazione che si è formata su internet, sulla rete, sui blog, sui social network. E perché allora le nostre orecchie i nostri sensi non hanno colto questo grido? Ed è solo la punta dell’iceberg perché, diciamocelo francamente, questo Paese sta andando letteralmente a rotoli in tutti i settori.
E allora Io credo che tutti noi liberi uomini dovremmo essere convocati ad una riflessione seria su questi argomenti e sugli argomenti che riguardano il diritto di tutti i cittadini di aprirsi una attività commerciale senza dover pagare migliaia di Euro alla Camera di commercio e all’Inps ancora prima di emettere una fattura; sul diritto dei cittadini di vivere in città sicure e non in periferie che fanno schifo senza illuminazione, senza trasporti pubblici, senza asili nido, senza i parchi e il verde pubblico; sul diritto di essere curati velocemente e non lasciati morire sulle barelle degli ospedali senza medici, senza infermieri, senza apparecchiature, senza nessun conforto. Ma quante pagine servirebbero per elencare solo alcuni dei deficit macroscopici di questo Paese stremato?
Noi non possiamo più accettare inermi questo stupro continuo della nostra vita da parte di una classe dirigente senza scrupoli, senza capacità di vedere il futuro e incapace di disegnare dei progetti credibili. E concludo, caro Segretario, con l’invito a organizzare un’assise, un convegno, una riunione, la chiami come vuole purché sia itinerante perché abbiamo necessità di gridare con tutto il fiato in gola che il PLI può dar vita ad una fase nuova, senza timori e senza paura, dove riappropriarsi delle battaglie e della politica liberale per troppo tempo lasciata in mano ad altri. Venga a Rimini.
Un caro saluto,
Augusto Tagliati.
Membro della DN