Lettera aperta a Italia Futura

Ho aderito sin da subito ad Italia Futura, perché mi è sembrato che essa volesse ritagliarsi uno spazio autonomo rispetto alle tifoserie in campo da oltre quindici anni, intanto sul piano culturale ed in prospettiva anche sul piano politico, convinto che cultura e politica siano un binomio inscindibile.

Tutte le persone di buon senso, anche quelle meglio disposte verso l’attuale Governo, sono costrette a convenire sul fatto che il nostro è un Paese bloccato e senza speranza che non sia quella di fare uscire il Presidente del Consiglio dalla morsa dei suoi processi.
Quanto al processo federalistico in atto, dubito che esso possa farci uscire dalla stagnazione, se non nel senso di rompere anche quel poco che resta dell’unità nazionale, così relegando tutto il Paese (se resterà unito) ovvero le sue parti (se la Lega ed i suoi imitatori meridionali riusciranno a dividerlo) nelle retrovie dell’Europa.

Nell’ultimo quindicennio è del tutto mancata una vera cultura di governo che non fosse esclusivamente cultura del potere.
La prima mira all’interesse generale, individuando le soluzioni migliori possibili nella situazione data; la seconda è funzionale ai più disparati interessi particolari, piegando le risorse, le leggi e l’attività amministrativa sino al limite della rottura del quadro istituzionale, della solidarietà sociale e della convivenza nazionale.
Ed a questa degenerazione della politica non è estraneo il sistema elettorale introdotto nel 1994 e peggiorato nel 2005, mentre solo il provvidenziale referendum del 2009 ci ha consentito di evitare il salto nel buio del bipartitismo.

Sono stato sempre convinto che un sistema elettorale che espelle milioni di cittadini dalla rappresentanza politica; che non consente di adattare gli indirizzi di governo alle mutate condizioni sociali se non attraverso traumatici passaggi elettorali; che divide il campo in amici e nemici piuttosto che in alleati ed avversari; che rende il Parlamento succube del Governo; che introduce dosi crescenti di disunità in ogni aspetto della vita piuttosto che cercare ogni possibile solidarietà almeno sulle grandi questioni; che subisce le scelte etiche d’oltretevere nella speranza di ricavarne qualche miserevole utilità; che si chiude in sé stesso rispetto alle inevitabili correnti migratorie invece di regolarle con preveggenza ed intelligenza; ecco, questo è un Paese che non potrà tenere il passo col resto d’Europa e con gli USA, che sono stati in passato e devono restare i nostri punti di riferimento per capire se stiamo andando nella direzione ed alla velocità giusta.

Per uscire da questa situazione, che peggiora ogni giorno di più, occorre fare crescere una forte area politica di centro, quale quella che si sta formando attorno a FLI, UdC ed ApI, a cui intende dare il suo contributo, nel suo piccolo, anche il Partito Liberale Italiano, che alcuni liberali d’antan e tanti giovani stanno cercando faticosamente di fare uscire dall’oblio nel quale viene costretto dal silenzio dei media, attenti difensori del loro pluralismo giornalistico ma distratti segnalatori del pluralismo politico necessario al Paese.
Ed occorre che le persone e le associazioni che sono consapevoli dell’attuale degrado della nostra società decidano una buona volta di occuparsene in termini professionali, salendo (non scendendo) sino al livello della Politica, che va considerata come la più nobile delle professioni intellettuali, per ridare speranza ad un Paese che sembra più non averne.

Ecco perché, e sin dall’inizio, di Italia Futura ho condiviso tutto, salvo la dichiarata intenzione di non farne un vero movimento politico, che è invece lo strumento essenziale per recuperare il quindicennio perduto, mettere mano alla rivoluzione liberale promessa e mancata, e così riconquistare la possibilità di competere ad armi pari col resto dell’Europa.
Se gli eventi traumatici delle ultime settimane propizieranno una scelta del genere, alla buon’ora!
Con viva cordialità.

Enzo Palumbo, presidente del Consiglio Nazionale del PLI

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