Le quattro piante di Canapa nel mondo rovesciato
2280 giorni di galera o, se preferite, 6 anni e tre mesi. Questa è la condanna che il tribunale di Nardò, un paio d giorni fa, ha inflitto a un 49 enne leccese colpevole di aver coltivato QUATTRO piante di canapa. È l’incredibile odissea nel girone infernale che subisce chiunque venga trovato in possesso di qualche pianta di canapa in Italia: l’arresto, l’attesa del processo, la condanna, la galera, la multa – in questo caso di 30 mila Euro – e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. La chiave per entrare in questo inferno in terra è la Canapa: una pianta vegetale che fino agli anni 70 veniva coltivata dai nostri nonni in modo del tutto naturale in molte regioni italiane.
Un promemoria per chi non conoscesse la legge Fini/Giovanardi va fatto: questa inqualificabile accozzaglia di normative prevede l’arresto e la detenzione da 6 a 20 anni per chiunque detenga una quantità superiore a pochi grammi di Canapa o dei suoi derivati. Da 6 a 20 anni. Sfogliando il codice penale c’è da sbellicarsi dalle risate nello scoprire, ad esempio, che la detenzione prevista per la Bancarotta è da 3 a 10 anni, stessa detenzione, da 3 a 10 anni, viene comminata a chi compie una rapina a mano armata. Quindi possiamo sostenere, supportati dalle inequivocabili prove di cui sopra, che più danni crei alla società meno severe saranno le pene previste da scontare. “Avevo raggiunto l’età delle seicentocinquanta miglia”. Così esordiva l’incipit del romanzo di Christopher Priest che nel suo bellissimo libro , Inverted World, ci racconta di un luogo dove tutto è sovvertito e incomprensibile. Dove il tempo veniva calcolato in miglia e i luoghi si spostano verso posizioni che cambiavano sempre. Un mondo rovesciato come la legge Fini/Giovanardi che rende criminali migliaia di ragazzi per il solo fatto di coltivare alcune piante di canapa e gli esclude definitivamente dalla società invece di reinserirli; che non tollera la libertà di scegliere dell’uomo obbligandolo a nascondersi come i peggiori criminali, anzi peggio, come degli assassini.
E per questo che io chiedo a tutte le persone, a tutti i cittadini che lavorano seriamente portando avanti questo Paese dalle inqualificabili regole di distinguere i criminali dai semplici utilizzatori di una sostanza che è scientificamente provato più innocua del tabacco. È ora di creare un Paese migliore dove l’individuo sia più responsabile verso gli altri e verso se stesso ma che abbia la possibilità di scegliere se fumare il tabacco o, liberamente, la canapa. Noi crediamo di vivere in un Paese occidentale, europeo, forse geograficamente si ma politicamente siamo distanti anni luce dalla Copenaghen che si appresta, a gennaio 2012, a legalizzare la vendita delle droghe leggere o dalla Repubblica Ceca che già le ha legalizzate. Viviamo in un Paese dove il solo reggersi in piedi e ragionare con il proprio intelletto è una minaccia che viene punita con l’esclusione dei propri diritti civili e l’incarcerazione. Tocca a noi portare avanti questa battaglia di modernizzazione e di civiltà che passa dalla legalizzazione delle droghe leggere e dall’archiviazione definitiva di un’era che verrà ricordata e derisa dagli storici come oggi noi sorridiamo e ricordiamo il proibizionismo negli Stati Uniti degli anni 20 del secolo scorso.
Augusto Tagliati,
Membro della Direzione Nazionale del PLI