L’assalto dei barbari
Da oltre un ventennio il Parlamento, cittadella della democrazia, è occupato dai barbari. Dopo gli Ostrogoti ed i Visigoti, sono arrivati anche i Lanzichenecchi grillini. Parlano lingue incomprensibili, agitano le fondamenta delle nostre antiche Istituzioni. Oggi vorrebbero persino demolire la struttura architettonica costituzionale e realizzarne una nuova, progettata dai loro geometri. Affidare a dilettanti improvvisati un compito così delicato, fa paura. Ci avevano provato in passato, ma con il sostegno di una sola parte, la Destra. Per fortuna il popolo sovrano, con lo strumento referendario, ha bocciato quel tentativo di cambiamento. In effetti ancora prima, il Titolo Quinto, con una maggioranza di soli tre voti, aveva subito il cannoneggiamento da parte della Sinistra e ne paghiamo amaramente le conseguenze.
Qualcuno definisce quella italiana la Costituzione più bella del mondo. Non siamo d’accordo, perché ha difetti di origine e rughe evidenti, connesse all’inesorabile passare del tempo, ma temiamo che, dopo l’assalto, possa arrivare anche il momento del saccheggio e potrebbe fare strage di democrazia e di libertà. Per tale ragione abbiamo scelto di difendere la nostra Carta e tentare di proteggerla dalla violenza dalla soldataglia.
Il Governo di larghe divergenze, si propone le riforme costituzionali come obiettivo per eludere il problema insolubile della precarietà ed allargare il proprio asfittico orizzonte, oltre che per rinviare la scelta obbligata del cambiamento della Legge elettorale. Di essa tutti, a parole, si vergognano, ma nessuno vorrebbe riformarla, perché, a chi pensa di vincere, fa gola lo spropositato premio di maggioranza alla Camera, mentre piace lo sconclusionato sistema di premi frazionati in sede regionale per il Senato a chi, convinto di perdere, fa affidamento su un Parlamento di fatto ingovernabile, come è avvenuto dopo le ultime elezioni. Alle più consistenti forze politiche inoltre, indistintamente, M5S compreso, piace il sistema di nomina dei parlamentari, onde assicurarsene la fedeltà per l’oggi, ma principalmente per il futuro, con il ricatto della possibile non ricandidatura.
L’obiettivo cui dovrebbero puntare i liberali è quindi quello di insistere, come in passato, per cancellare il porcellum, puntando sulla Consulta, che potrebbe, nel dichiararne la incostituzionalità, far tornare in vigore la legge precedente e scongiurare così il mercato parlamentare.
Con grande amplificazione mediatica il Governo ha nominato una commissione, assolutamente inutile, di ben trentacinque esperti, con il compito di redigere proposte da far pervenire alla Bicamerale, che il Parlamento si appresta a varare, per redigere il testo di una riforma complessiva della Carta Costituzionale.
Tale tentativo di modificare il DNA della Costituzione impone una strenua difesa del testo attuale, garanzia del necessario fondamento di democrazia e libertà; quello appunto che gli eserciti barbarici dei partiti della cosiddetta Seconda Repubblica, che occupano Montecitorio e Palazzo Madama, vorrebbero stravolgere, come avevano tentato già in passato e come hanno in parte fatto e di cui la legge elettorale, che ormai tutti definiscono liberticida, è un tassello.
Su tale terreno sarà necessario trovare degli alleati, senza limitare in via preconcetta l’orizzonte delle convergenze, ma privilegiando la coerenza valoriale. Bisogna al contempo evitare che possano ripetersi le pericolose contaminazioni, riscontrate nei ricorrenti tentativi di conquistare, attraverso legioni straniere, il glorioso simbolo del PLI. In particolare bisognerà stare attenti a scongiurare tentativi di annessione, da parte di spezzoni di compagnie di ventura, reclutate attraverso il denaro e invogliate dalla promessa di partecipare alla spartizione del bottino di guerra e che, prospettando tale miraggio, potrebbero convincere, cosa quest’ultima pure avvenuta in passato, per ingenuità, qualche nostro amico in buona fede. Le alleanze infatti non possono che essere improntate al massimo della chiarezza, preservando la identità liberale e coinvolgendo direttamente chi guida effettivamente le coalizioni.
La battaglia per la difesa della Costituzione sarà difficile e contro corrente, perché la stampa servile, di proprietà pubblica, come privata, (che poi fa capo ai medesimi soggetti) ha raccolto il segnale che proviene dai padroni, di sostenere con forza il tentativo di sfigurare le nostre Istituzioni, cambiandone il profilo disegnato dai costituenti.
Nessuno si domanda se, per esempio, la elezione diretta del Capo dello Stato, che pure sotto un certo profilo potrebbe rappresentare una scelta valida, che i liberali potrebbero sostenere se corrispondesse ad un modello con i necessari contrappesi, non possa nascondere il rischio di eleggere un Grillo qualsiasi, un altro giullare o un famoso calciatore, piuttosto che un tribuno alla Landini, alla Santoro o alla Travaglio. La nostra democrazia è sufficientemente pronta per un simile cambiamento? Soprattutto, il mostro sistema mediatico sarebbe in grado di garantire una scelta seria e meditata o, piuttosto, finirebbe col facilitare un soprassalto di populismo, per consentire ai barbari di arrivare fino alla sala del trono? Innovare è giusto, cambiare a tutti i costi è pericolosissimo.
Abbiamo imparato dai maestri del nostro grande passato che i liberali sono sempre dalla parte della modernizzazione e delle riforme, ma che sanno anche rivelarsi conservatori, non soltanto nella difesa del fondamento della struttura democratica dello Stato, basato sulla divisione dei poteri, ma anche nella necessità di salvaguardare la libertà dagli assalti subdoli del qualunquismo dilagante. Le grandi idee non sempre riescono a prevalere, possono anche risultare soccombenti. Questo non deve scoraggiarci. La difesa della Costituzione del ’48, nella incerta fase attuale, deve essere orgogliosa e convinta. Gli avversari fortunatamente perseguono obiettivi tra loro diversi e facilmente potrebbero fallire, come è già avvenuto ai tempi della Bicamerale di D’Alema.
Tratto da Rivoluzione Liberale