Lancio l'idea degli Stati Generali dell'Italia Liberale in risposta alla bella lettera del Presidente del Consiglio Nazionale Enzo Palumbo. Noi abbiamo due esigenze, una tattica e una strategica. Quella tattica: impedire le elezioni anticipate che vincerebbe SB padrone e controllore di tutte le televisioni. Obiettivo strategico: costruire la nostra macchina da guerra per le vere elezioni. Io non penso che Fini avesse una agenda, un piano, ma spero che ora finalmente ne abbia uno. Noi non saremo i gregari per le vittorie altrui, dobbiamo avere il coraggio sfrontato e persino arrogante di considerare gli altri come nostri gregari e raggiungere l'unico strumento che ci può far vincere: la visibilità. Imporre cioè agli italiani la nostra presenza, far sì che tutti i liberali italiani sappiano che la loro vera casa è aperta e funziona come un quartier generale e non come una casa di riposo.

SCRIVE ENZO PALUMBO:

Caro Paolo, Ti ho invano cercato più volte al telefono nei giorni scorsi, perché sentivo il bisogno di discutere con Te degli ultimi sviluppi della vicenda politica italiana.
Ho poi appreso che ti trovi negli USA per motivi di salute, e Ti faccio i miei migliori auguri di pronta guarigione.
Quanto alla vicenda politica di questi giorni, ricorderai certamente le nostre conversazioni sull’argomento, ed in particolare che avevo immaginato come inevitabile lo scontro tra Fini e Berlusconi (in quanto portatori di due diverse e contrapposte idee della democrazia), e ciò almeno sin dal maggio dello scorso anno, allorché Gianfranco Fini, su punti sensibili (immigrazione, rispetto verso le istituzioni) cominciò a smarcarsi dalle posizioni politiche di Berlusconi, affrontando un itinerario che, proprio nei giorni scorsi, lo ha visto raggiungere una tappa significativa ancorché non ancora definitiva.
Partendo da un’antica intuizione, originata dalla lettura del libro di Marina Valenzise su Sarkozy, che mi era sembrato scritto su misura per Fini (quasi ad usum del…phini) ho allora sostenuto che il percorso politico di Fini si sarebbe sempre più divaricato da quello di Berlusconi.
E’ ciò che via via è puntualmente accaduto, prima in termini che sembravano occasionali ed estemporanei, e poi in termini che invece sono apparsi sempre più rispondenti ad una precisa strategia politica.
Dovendo inevitabilmente individuare uno spazio politico che attualmente è alquanto sguarnito, l’approdo di Fini alle tesi classiche dei liberali mi è sembrato poi assolutamente naturale, e non ho mancato di evidenziarlo in tutte le occasioni, personali e di partito, che ho avuto.
Credo che, ad un primo consuntivo inevitabilmente incompleto (soprattutto perché mancano ancora precise prese di posizione di Fini sui temi economici, che certo dovranno seguire) le sue posizioni politiche, al di là del labiale richiamo ad una generica collocazione di destra (quasi un omaggio dovuto al passato), si possono ormai ragionevolmente collocare nell’alveo delle tradizionali posizioni liberali sui temi dello Stato di diritto, dell’Unità dell’Italia, della difesa della Costituzione, della democrazia parlamentare rappresentativa, dell’equilibrio e del controllo reciproco tra le Istituzioni, della solidarietà tra i diversi ceti sociali e tra le diverse aree del Paese, della legalità e della trasparenza nell’amministrazione della cosa pubblica, e, in genere, dei diritti di cittadinanza, anche per coloro che, venendo da lontano, desiderano fare parte, con onestà d’intenti, della nostra comunità nazionale.
I risultati delle elezioni regionali dello scorso mese di marzo, col relativo apparente successo del PdL (poche migliaia di voti in Piemonte sarebbero bastati per un’altra lettura), hanno fatto pensare a qualcuno (ma non a me) che quel percorso, ove mai intrapreso, era destinato ad interrompersi e che Fini era destinato a diventare sempre più marginale negli equilibri politici italiani.
Ancora una volta, i fatti hanno smentito quella pessimistica previsione, e la strategia dello smarcamento di Fini da Berlusconi è proseguita, in termini sempre più accentuati, specie sui temi della democrazia rappresentativa e della legalità e trasparenza nella gestione della cosa pubblica, sino ai casi emblematici di Scajola, Branche e Caliendo.
A questo punto, io credo che i liberali d’antan, come io stesso sono e come sono i miei amici del PLI, devono riflettere su quali potranno ancora essere le prossime tappe del percorso di Fini, per individuare se e quando vi saranno le possibilità di fare coincidere quel percorso con quello dei liberali italiani, siano o no organizzati nel nostro partito.
Oggi è possibile sostenere senza sostanziali obiezioni, che il distacco definitivo di Fini (e della sua linea politica) da Berlusconi (e dalla sua linea politica) è ormai nelle cose, e che, esso è “certus an”, ancorché possa ancora per un po’ essere “incertus quando” (ma la verifica politica autunnale incombe), e forse anche “incertus quomodo” (ma, anche qui, il corso degli eventi sta accelerando, con l’ormai avvenuta creazione di un’area di responsabilità nazionale che viene sempre più spesso evocata).
Il comunicato con cui hai manifestato la Tua ideale adesione a quest’area mi è stato di grande conforto, perché ha dimostrato esservi tra di noi una sintonia che supera le distanze materiali che in questo momento ci dividono trovandoci in due continenti diversi.
Quando tutta la vicenda saà giunta al suo epilogo, secondo i percorsi spesso tortuosi a cui la politica italiana ci ha abituato, qundo cioé Fini, col concorso di tutti quelli che ci staranno, sarà riuscito a mandare a casa questo Governo illiberale, io credo che i liberali storici dovranno riflettere se vogliono svolgere un ruolo concreto (e non solo di mera testimonianza) nella fase politica che si aprirà.
La testimonianza liberale, invero, è possibile, anzi doverosa per noi ed indispensabile per il Paese, laddove tutte le forze politiche in campo abbiano sguarnito la frontiera liberale, come da tempo è avvenuto e tuttora sta avvenendo.
Ma se, ad un certo punto, questa frontiera viene presidiata, con coerenza tra affermazioni di principio e comportamenti concreti, da qualcuno che viene da una diversa storia, non potremo soffermarci a contestargli da dove viene, ma avremo il dovere di verificare verso dove intende andare.
Se questa meta sarà quella di un Paese più liberale di quanto non sia oggi il nostro, essa potrà diventare anche la nostra meta.
Queste sono le riflessioni che avrei voluto scambiare personalmente con Te, e che, nell’impossibilità di farlo, Ti ho già inviato attraverso il Forum ed ora Ti rinnovo attraverso il sito, anche per la riflessione degli amici che avranno la possibilità e la voglia di leggerci.
Ti abbraccio con l’affetto e la stima di sempre e Ti rinnovo i migliori auguri di pronta guarigione.

GUZZ – ENZO CARISSIMO, ti ringrazio prima di tutto per l’affetto e gli auguri, e ti ho lasciato oggi un lungo messaggio sul tuo cellulare 347. Sono anche lieto che la mia presa di posizione data alle agenzie sia stata da te approvata e ovviamente, come sempre, una grande e continua sintonia ci unisce.
Solo qualche marginale precisazione. A mio parere Berlusconi, nel suo piccolo pagliaccesco, ha tentato di fare la sua “notte dei lunghi coltelli”, quella con cui Hitler eliminò Roehm e le SA. Con la differenza che essendo uno sciocco e un pasticcione che si fida di quei quattro stronzi e stronze che lo consigliano come dei servi ridanciani, ha sbagliato i calcoli ed ha distrutto con le sue mani la maggioranza che aveva avuto e con cui governava.
E’ il primo caso della storia parlamentare di un primo ministro che per errore licenzia la propria maggioranza e poi scoppia in un pianto dirotto e ridotto alla miseria.
Io non ho mai pensato, e tuttora non penso, che Fini abbia un piano. Ma è innegabile che le circostanze glie ne impongano uno e che dunque ora esso ci sia. Lui ha tentato sempre e fino all’ultimo di ricucire, non di rompere. Così al Consiglio Nazionale, così in questa ultima occasione rilasciando persino una piagnucolosa intervista da volemose bbene a Ferrara. No, non è il mio leader. Ma può essere un compagno di strada imprescindibile per creare un’alternativa al berlusconismo che non sia quella del fallimento storico del PD, un partito-azienda in conflitto di interessi perenne in almeno tre regioni italiane, privo di leadership, di idee, di ideali e di prospettive.
Noi abbiamo due problemi, uno tattico e uno strategico.
Quello tattico è di fare il possibile per impedire le elezioni anticipate negando a SB il diritto di convocarle e chiedendo a Napolitano di negarle: Non si è mai visto che un presidente del Consiglio copevole di aver distrutto la propria maggioranza pretenda come un suo diritto feudale di avere di nuovo elezioni generali per riparasre il giocattolo che lui stesso ha rotto per sua esclusiva colpa e responsabilità.
La questione strategica è lavorare come negri nel tempo che resta per far sapere agli italiani che esiste il Partito dei liberali italiani, la loro casa storica e che è all’attacco per la conquista del consenso che erroneamente gli italiani liberali hanno convogliato nel tritacarne berlusconiano.
Liberali come Urbani (oggi superberlusconiano) e Dalla Vedova, finiano senza se e senza ma, poco mi interessano anche se la loro auspicata evoluzione è sempre desiderabile.
Se noi impediamo le elezioni anticipate ricorrendo per questo ad ogni spregiudicata alleanza tattica, lavoreremo per il nostro fine strategico che è quello di essere pronti alla giusta data delle elezioni generali.
Io sto lavorando per fondare un giornale on line (una cosa seria, non un blog), per fondare una radio podcast e moltiplicare gli strumenti che hanno consentito la vittoria sia a Sarkozy che a Obama.
Dunque, l’unico punto di dissenso fra me e te resta questo: io non vedo affatto uno smarcamento di Fini da Berlusconi, ma ho visto il contrario: un suicida attacco di SB a Fini il quale non ne voleva sapere di essere sbattuto fuori. Fini sa che se si andasse alle elezioni generali, col cavolo che porterò in Parlamento 34 deputati e 10 senatori. Se si va ad elezioni anticipate è la fine: SB stravince con Bossi e per noi sarà finita perché saremo ammazzati nella culla. Dunque Fini ha bisogno di noi in questa fase tattica, perché gli servono tutti i voti raccattabili in Parlamento compreso il mio, ma non andrei oltre questa necessità tattica.
Per trasformare anche questa fase in un senso strategico, occorrerebbe che noi, ma proprio noi PLI, promuovessimo non un convegno, ma gli Stati Generali dell’Italia dei Liberali (SGIL), allo scopo di lanciare l’idea e gli strumenti per creare sotto l’EGEMONIA DEL PENSIERO E DELLA TRADIZIONE LIBERALE, il polo dei liberal italiani con noi in una funzione POLITICAMENTE EGEMONE, a dispetto della nostra carenza di numeri.
E’ possibile? Lo diranno i fatti. In questo senso io considero Fini una nostra occasione e non noi una sua occasione.
Il mio primo atto in questa prospettiva è stato quello che hai visto e che hai apprezzato: aver aderito politicamente all’astensione, con il preciso fine di non fornire armi all’interruzione della legislatura che porterebbe Berlusconi alla vittoria perché dispone di tutti gli strumenti mediatici.
Noi dobbiamo imparare, tutti, a fare chiasso. A dimostrare che esistiamo. Promuovere il referendum di Scognamiglio per abrogare il Porcellum significa fare banchetti, essere per strada. Non importa se poi si vince o no. Noi vinciamo se ci facciamo conoscere. Noi vinciamo se usiamo, rinnovandoli, gli strumenti di forte visibilità che usò un tempo il partito radicale, nostro storico figlio. Noi dobbiamo alzare anche la bandiera di Mario Pannunzio (siamo al centenaio della nascita) e del Mondo e farne un fatto popolare e di massa, non più una curiosità di élites.
Quello che io propongo è un percorso di guerra con leadership in mano, e non una corsa da gregari affinché qualcun altro si metta la maglia gialla, o rosa. Noi corriamo per vincere, non per far vincere. Abbiamo bisogno di alleanze, ma tattiche, spregiudicate, occasionali. E abbiamo bisogno di una sola alleanza strategica CHE è quella del popolo liberale italiano.
Diceva Nell Kimball nel suo celebre “Memorie di una maitresse americana”: Le ragazze siedono su un tesoro, ma non lo sanno.
La battuta è volgare, ma la struttura logica è la stessa: gli italiani oggi sono liberali (non finiani) e non lo sanno. Noi dobbiamo organizzarli e dare loro voce, storia, casa, prospettiva e vittoria.
Un abbraccio di cuore dal tuo
Paolo

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