La risposta di Stefano de Luca a Paolo Guzzanti

In risposta alla lettera di Paolo Guzzanti

Palermo, 05 febbraio 2011

Caro Paolo,

grazie per la tua lettera del 3 u.s., che ho letto con piacere, dopo quasi due mesi dalla tua ultima e-mail (non già un SMS) del 13 dicembre 2010 h. 22,01, inviata dal tuo indirizzo di posta elettronica al mio, con la quale in modo lapidario, quanto imprevisto, hai dato le tue dimissioni dal PLI.

Ciò tuttavia non mi esime dal formulare alcune elementari osservazioni, di cui mi auguro vorrai prendere buona nota, anche per non pregiudicare quel sottile filo di collegamento che mi è sembrato emergere dal messaggio che riscontro.

Quanto alla forma scritta delle Tue dimissioni, oltre che quale Segretario Nazionale del PLI, anche come avvocato, desidero precisarti che, sotto il profilo giuridico, una comunicazione data per posta elettronica
configura una vera e propria comunicazione scritta ai sensi di legge, anche in assenza di sottoscrizione autografa ( ti invito a controllare in proposito l’ art. 20 e segg. D. Lgs. 82-2005, nonché Cass. 13916-2007,
6911-2009, e, da ultimo, Tribunale Milano 05.10.2010).

Quanto poi al destinatario del messaggio, esso è stato da te correttamente indirizzato a chi era assolutamente competente a riceverlo, posto che l’art. 5, comma 1, dello Statuto stabilisce in particolare che “Le dimissioni dal Partito devono essere rassegnate per iscritto presso l’organo territoriale competente ai sensi dell’art. 3”; norma quest’ultima che riguarda le iscrizioni, e che, come tu stesso precisi, è ispirata ad analogo principio di quella sulle dimissioni.
Detto art. 3, al comma 3, stabilisce per l’appunto che “In assenza di un organo locale competente a ricevere la richiesta di iscrizione, questa può essere presentata direttamente alla Segreteria Nazionale del Partito”.

E’ appena il caso di rammentarti in proposito che, essendo Tu residente a Roma, l’organo territorialmente competente sarebbe stata la Direzione Provinciale di Roma, che è stata a suo tempo sciolta in uno a tutti gli
organi regionali, e la Segreteria Nazionale, della quale Tu facevi parte, ha avocato a sé la gestione regionale
del Partito, delegando proprio a Te, quale vicesegretario nazionale, le funzioni di commissario straordinario.
In non concessa ipotesi, come dicono gli avvocati, Tu potresti quindi esserti dimesso nelle Tue stesse mani,
nello stesso momento in cui hai scritto ed hai inviato il messaggio e-mail del 13 dicembre 2010, che non puoi certo fare finta di ignorare.

Lo stesso Statuto, all’art. 5, comma 1, stabilisce poi che le dimissioni “si considerano automaticamente accettate al momento in cui pervengono alla relativa Segreteria”, cioè, nella specie, a me ovvero, a tutto concedere, a Te stesso.

A me, nella qualità, non restava che di prendere atto delle dimissioni a norma dell’ art. 5, comma 1, che precisa: “si considerano automaticamente accettate al momento in cui pervengono alla relativa Segreteria”,
senza che sia quindi necessario alcun esplicito atto di accettazione.

Anche volendo prescindere (come un Partito che si rispetti non potrebbe comunque fare) dalle Tue reiterate ed inusitate dichiarazioni comparse sulle Agenzie di stampa , sui giornali e sul Tuo Blog personale, che da sole sarebbero più che sufficienti per dissociare un qualsiasi iscritto da un qualsiasi partito, la procedura seguita nell’occasione è stata quindi adottata in puntuale osservanza della Legge e dello Statuto del PLI.

Risulta quindi un atto dovuto la mia presa d’atto, immediatamente pubblicata sul sito del Partito, della quale ho poi dato formale comunicazione alla Direzione Nazionale nella prima riunione immediatamente successiva del 20 gennaio u.s..

E’ poi appena il caso di ricordare che, ai sensi dell’art. 5, comma 2, dello Statuto “Le dimissioni comportano automaticamente la decadenza da qualsiasi incarico ricoperto dal dimissionario all’interno del Partito”.

In conseguenza, a partire dal 13 dicembre 2010 Tu non ricopri più alcun incarico nel PLI, tanto meno quello di Vicesegretario Nazionale, che non ti è stato conferito dal Congresso Nazionale o dal Consiglio Nazionale, ma proprio da me, ai sensi del vecchio Statuto allora vigente, come da comunicazione da me stesso data nel corso del Consiglio Nazionale del 22 febbraio 2009, allora riunito per la nomina della Direzione Nazionale.

Per altro, anche lo stesso art. 16, comma 3, dello Statuto ora vigente, prevede che la nomina di uno o più vice segretari è rimasta di stretta competenza del Segretario Nazionale, riservando alla Direzione solo la relativa ratifica, essendo tali incarichi, secondo logica, originati da un rapporto fiduciario col Segretario, che Tu stesso nel tempo recente hai più volte dichiarato esaurito.

Mi permetterai, dopo un lungo e prudente silenzio, di cogliere l’occasione per correggere una Tua ulteriore imprecisione, che a partire dal 13 dicembre u.s. ho ritrovato in diverse interviste e nel Tuo blog.

Una certa mia stanchezza, dovuta anche, ma non soltanto, alle ragioni di salute a Te ben note, mi ha indotto, in occasione della Direzione Nazionale del 10 novembre 2010, a comunicare che ritenevo conclusa la mia esperienza di Segretario e che, al Congresso Nazionale, organo supremo dal quale ero stato direttamente eletto, intendevo comunicare la mia rinunzia a riproporre la candidatura. Ho compiuto tale atto di sensibilità per evitare che il Partito si trovasse impreparato dinanzi ad una questione di tale rilievo.

Essendo stato poi rinviato ad una successiva seduta l’approfondimento della questione, Tu stesso, nella riunione del 25 novembre, hai insistito sulla opportunità di non affrontare l’argomento in quella sede (hai detto, all’incirca, che non era certo quello il momento di parlare di dimissioni, essendoci ben altri problemi sul tappeto), giacché tale questione andava invece correttamente sottoposta al Congresso Nazionale, in occasione del quale tutti gli incarichi decadono.

Conformemente a quanto, a grande maggioranza, mi ha chiesto la Direzione Nazionale ed io stesso ho ribadito a conclusione di quella discussione, ho continuato, come era doveroso, a svolgere il mio incarico nella pienezza delle funzioni, affidatemi direttamente dal Congresso, come poi, responsabilmente e col medesimo impegno, ho fatto e continuerò a fare, fino alla prossima assise nazionale.

Ho quindi trovato quanto meno inelegante, oltre che non corrispondente alla realtà, quanto Tu, ormai da troppo tempo, vai ripetendo per oltraggiarmi gratuitamente, e cioè che sarei un Segretario dimissionario.
Se vuoi, posso riconoscere di essere un segretario …..”scadente”, nel senso di prossimo a scadere, non certo nel senso di dimissionario.

Chiarite le spiacevoli superiori questioni formali e personali, sulle quali mi auguro vorrai convenire, non ho difficoltà a riconoscere come apprezzabile l’intenzione di riaffermare il Tuo interesse verso il PLI, che sembra trasparire dal Tuo messaggio (anch’esso inviatomi per posta elettronica, che è oggi il modo normale di corrispondere).

Considero particolarmente positivo questo Tuo intento, che, anche in considerazione della tua recente militanza, non intendo sottovalutare, e voglio sperare che sarà possibile trovare tempi, modi e forme per renderla possibile, tenendo anche conto, come un partito non può non fare, della risonanza pubblica che le
Tue dimissioni hanno avuto.

Ovviamente, come si conviene in democrazia e tra liberali, nel caso di una tua richiesta di nuova iscrizione al Partito, occorrerà ridefinire i vincoli di solidarietà politica imposti dalla comune militanza, che non possono prescindere dalle indicazioni politiche degli organi deputati a darle, e ferma sempre restando la libertà di votare anche in dissenso, in doveroso ossequio al divieto costituzionale del mandato imperativo, il che però non può restare senza conseguenze sul piano dell’appartenenza ad un soggetto politico, che non è obbligatoria per nessuno.
Sono pertanto disponibile a discuterne, quando, dove e con chi riterrai opportuno di coinvolgere a tal fine.

Desidererei infine che Tu mi dessi atto di non aver mai detto, nè scritto, una sola parola per replicare pubblicamente, in modo polemico o risentito, come forse avrei potuto e dovuto, ai Tuoi feroci ed ingiusti attacchi personali che hanno superato talvolta il limite dell’insulto.

Mi sono limitato a prendere atto, senza commentare, ed avrei tanto gradito che la mia scelta di responsabile prudenza, ti avesse indotto ad usare toni e parole ben diverse da quelle che sono stato costretto a leggere in questi due mesi.

Tu dici che si tratta di una Tua naturale esuberanza caratteriale e professionale, e tuttavia devo farti osservare che in una piccola famiglia elitaria per tradizione, come quella liberale, queste modalità di interlocuzione, oggi purtroppo molto diffuse nella seconda Repubblica, risultano intollerabili e sono comunque incompatibili con l’appartenenza a qualsiasi sodalizio politico che voglia preservare il rispetto di sé stesso.
Poiché la tua e-mail risulta diretta, oltre che a me, anche ad Enzo Palumbo, mi è sembrato opportuno consultarlo in proposito, e posso riferirti che il contenuto di questa risposta è anche da lui condiviso e sottoscritto, salvo che per le considerazioni di natura strettamente personale, che ovviamente attengono soltanto ai rapporti tra noi due.

In attesa di risentirti, se lo riterrai anche per telefono, ricambio, anche a nome di Enzo, le gradite espressioni di amicizia.

Stefano

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