L’AUGURIO DI UNA FOLLIA LIBERALE

Siamo entrati nel lungo tunnel delle feste. Gli italiani per un po’ dimenticheranno i loro guai e si dedicheranno ai pranzi, ai regali, allo spensierato divertimento. Soprattutto cercheranno di rimuovere il triste spettacolo della politica politicante.

Ho riflettuto a lungo prima di mandare un messaggio augurale agli amici liberali, perché tutto ciò che è avvenuto recentemente, mi ha fatto precipitare in un pessimismo, che non avevo mai conosciuto. Anche se ormai, da quasi un ventennio, la politica italiana si è avvitata in una spirale perversa, dalla quale sembra non poter uscire, tuttavia c’era il rifugio del nostro piccolo mondo, così diverso, nel quale coltivavamo la esile pianta della speranza.

Da qualche tempo, sin dal Congresso del 2009, ho avuto l’impressione che il contagio avesse lambito anche alcuni di noi. Di recente, credo, che il fenomeno si vada estendendo. Non riconosco più, almeno in modo netto come in passato, l’orgoglio della nostra diversità, che è sempre consistita nell’approccio di tipo culturale, identitario e valoriale alla politica. Comincio a intravedere ambizioni, carrierismo, opportunismo, eccessivo spirito polemico, ma soprattutto, una crescente assuefazione alla perversa logica bipolare ed una resa alla teoria del “male minore”, insieme alla rinuncia all’orgogliosa rivendicazione di rappresentare , innanzi tutto, una alternativa di sistema.
Per trarre ispirazione ho passato la giornata natalizia a rileggere “l’elogio della follia” di Erasmo da Rotterdam. Ho pensato, quindi, all’espressione di molti che ci ascoltano e giudicano il nostro dire la verità come una sorta di straparlare, come un procedere per paradossi. L’ umanista scrisse la sua opera principale esattamente cinquecento anni fa, ( nel 1509, pubblicata nel 1511) rivelando che la natura dell’essere umano ed i suoi comportamenti sono sempre rimasti uguali.

Erasmo, con sorprendente attualismo, affermava che il principale collante di una società è l’adulazione e l’inganno. Se, infatti – scrive – “il popolo sopporta il principe, il padrone il servo, la moglie il marito, il padrone l’inquilino, è perché si lasciano guidare da giudizi errati e dalla volontà di chiudere un occhio”. A sua volta l’individuo è sorretto dall’autoadulazione. Perciò “occorre che ognuno lusinghi persino se stesso con una lisciatina prima di poter godere della stima altrui.”
Il berlusconismo non è altro, allora, che una lettura della debolezza umana e della forma per sfruttarla, grazie allo spregiudicato uso dei media e del potere nella società di massa. Al tempo dell’elogio della follia, tali strumenti erano nelle mani della Chiesa o dell’Imperatore. Erasmo, nel campo cattolico, come Lutero, in quello della rivolta protestante, sia pure da due schieramenti diversi, rappresentavano l’anticonformismo, fino all’eresia. Quello che dovrebbero essere i liberali oggi.

Se la nostra è follia, evviva la follia! Quando intravedo, nei distinguo realistici di alcuni nostri amici,la strada della rassegnazione e, talvolta, dell’opportunismo, non posso che deprimermi.
L’ elogio erasmiano, si spinge fino ad affermare: “chi sembra saggio tra voi, diventi folle per esser saggio”. Quindi follia, delirio, lotta dell’anima, contro la prepotenza del corpo e delle sue debolezze. Anche nel nostro tempo moderno, sia pure laicamente, per essere veramente liberali è necessaria una inclinazione alla follia.
Ben Gurion, quando gli chiesero se bisognava esser folli per costruire un Stato, come quello di Israele in un territorio così ostile, rispose: “Necessario no, ma aiuta”. Per essere liberali oggi in Italia, credo che sia indispensabile.

Mi auguro che il periodo festivo serva a coltivare in noi la pianta della follia, quindi della orgogliosa diversità liberale, per farla crescere forte, nel nuovo anno, al nostro Congresso Nazionale. In quella occasione, non senza emozione ed apprensione, consegnerò ad un nuovo gruppo dirigente, il Partito che nel 1997, insieme ad altri “folli”, ho contribuito a fondare e che, bene o male, forse più male, ho tenuto in vita e guidato, come potevo e sapevo, in tutti questi anni. Auguro alla nuova dirigenza di avere la dose necessaria di follia e, spero, un po’ più di fortuna.
Il nostro Paese ha bisogno di una grande rivoluzione, non solo politica, ma culturale, etica, del costume, delle abitudini, dei valori, che non può non essere ispirata da una folle utopia, come quando, tra il 1848 ed il 1870, una minoranza di liberali cambiò tutto.

Purtroppo quella rivoluzione si fermò ed anzi, cinquant’anni dopo, precipitò nella dittatura per non aver saputo, dopo l’unità territoriale, costruire quella morale del nostro popolo. Il cammino, faticosamente riprese nel dopoguerra, pur con tante contraddizioni e difficoltà, ma fu bruscamente interrotto agli inizi degli anni novanta. Ancora non è stata fatta una analisi seria delle ragioni profonde di quella involuzione, che ha determinato la perdita di un intero ventennio sulla via della modernizzazione necessaria.

Spero che il nostro Congresso Nazionale sia l’occasione per discutere di simili tematiche elevate, perché ritengo che, altrimenti, sarà impossibile pervenire ad una proposta capace di indicare la via per uscire dalla crisi e riprendere il cammino tracciato dai nostri antenati, che realizzarono l’Unità.

E’ questo l’augurio che faccio a tutti noi per un 2011 in cui l’espressione “rivoluzione liberale” possa avere effettivamente un senso.

Stefano de Luca

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