Il Segretario nazionale del PLI Stefano de Luca indica in una nota gli emendamenti liberali alla manovra

GLI EMENDAMENTI LIBERALI ALLA MANOVRA

Ha ragione il Ministro Tremonti a tenere duro sui tagli alle Regioni ed agli altri Enti Locali, ove persistono grandi aree di spreco clientelare: dalle feste di paese, alle sovvenzioni per le più disparate attività inutili,  alla nomina di disoccupati  privi di alcuna professionalità in qualità di esperti, alla assunzione di precari indicati dai partiti, che poi, nel tempo, vengono stabilizzati, sovraccaricando la Pubblica Amministrazione di personale dequalificato e frustrato. Sosteniamo da tempo che la Manovra dovrebbe essere molto più drastica per essere efficace e che ne sarà necessaria un’altra entro pochi mesi.

Quando la legge arriverà alla Camera, proporremo una serie di emendamenti in tale direzione. Se veramente si vuole ridurre in modo consistente la spesa pubblica, sarà necessaria l’abolizione di tutte le Provincie, non soltanto di quelle più piccole, nonché l’accorpamento dei Comuni con popolazione inferiore ai tremila abitanti e la riduzione alla metà degli assessori, oltre che di tutte le auto di servizio. E’ soltanto controproducente la norma che prevede che il nuovo precariato o la stabilizzazione di quello esistente, debbano essere a carico dei bilanci degli Enti Locali, perché non esiste nessuna norma che escluda che l’eventuale dissesto non finisca col dover essere ripianato dallo Stato. Proporremo la obbligatoria liberalizzazione delle Aziende che gestiscono i Servizi Pubblici Locali entro un termine perentorio e non rinviabile, per ridurre i costi e migliorare la qualità dei servizi stessi, grazie alla concorrenza. Il ricavato della cessione delle partecipazioni dovrà essere destinato a ripianare i deficit di bilancio dei rispettivi enti territoriali. Chiederemo anche la riduzione a tre o quattro delle attuali Autority, concentrandone i relativi poteri e semplificando le procedure di accesso per i cittadini.

Condividiamo la proposta, sempre di Tremonti, di eliminare gli attuali, estenuanti, procedimenti burocratici per avviare una nuova attività od eseguire delle opere. Ma non deve trattarsi di un semplice manifesto elettorale, da rimandare ad una legge di rango costituzionale, perché si tratta di una riforma che può essere fatta con legge ordinaria e subito. Non è altresì rinviabile un intervento nel campo delicatissimo della Sanità, dove si addensano enormi sprechi. Basterebbe immediatamente stabilire che le forniture devono attenersi ai preziari indicati dal Ministero della Sanità, prendendo a modello le Regioni più virtuose. Inoltre le ASL dovrebbero ridursi ad una per ogni Regione e dovrebbero essere abolite le nomine di carattere politico, sia dei Direttori Generali ed Amministrativi, che, principalmente, dei Primari, che dovrebbero essere prelevati da un elenco di idonei, selezionati con concorsi nazionali.

Senza l’abolizione del valore legale dei titoli di studio, non sarà possibile alcuna seria riforma dell’Università, che, specialmente dopo la introduzione delle cosiddette lauree brevi, è diventata un inutile diplomificio, tanto che nessuno dei nostri Atenei rientra nella classifica dei primi duecento al Mondo. Il Paese ha bisogno di un numero inferiore di laureati, ma con preparazione di eccellenza, premiando significativamente gli studenti meritevoli. Ogni Euro investito in cultura e ricerca, sarà un moltiplicatore di sviluppo e stimolerà mercato e concorrenza. Su questo dovrà concentrarsi la spesa pubblica, non su un incerto federalismo, improntato a miopia ed egoismo.

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