I cattivi maestri
Marco Pannella è stato certamente un personaggio di rilievo nella politica italiana. Lo conosco da cinquant’anni e ci legano molti ricordi di affascinanti battaglie comuni, come di contrapposizioni feroci. Con Pannella nulla può che essere estremo. Nella politica universitaria fu maestro di molte generazioni più giovani, tra cui la mia. Poi ha espresso il meglio di sé nelle battaglie dei diritti civili, tra la fine degli anni sessanta e l’inizio di quelli ottanta. Si definisce un liberale, anzi l’unico liberale italiano. Questo atteggiamento, che certamente è poco liberale, tuttavia è tipico di chi ha vissuto, magari con sofferenza, una scissione ed in Marco ha anche un tratto sentimentale.
In realtà la sua formazione è stata indiscutibilmente liberale e ad essa si sente legato, anche perché i suoi maestri furono mostri sacri del pensiero politico italiano, come Pannunzio e gli straordinari intellettuali del cenacolo de Il Mondo. Ha poi coltivato tematiche eterogenee, a volte intrise di nichilismo dannunziano, che hanno appannato il suo profilo e gli hanno attirato accuse di incoerenza. Tuttavia non si può non collocarlo nella tradizione del liberalismo progressista radicale che, in Europa nell’ultimo cinquantennio, ha avuto due indiscussi protagonisti, Jean Jacques Servan Schreiber e Pannella stesso.
Da molti anni penso che avrebbe meritato il riconoscimento di esser nominato Senatore a Vita. L’Italia avrebbe dato la dimostrazione, con una simile scelta, di essere diventata finalmente laica e pluralista, invece ha prevalso il bigottismo più conservatore. Si tratta di un personaggio controverso, ma sicuramente di notevole spessore, che ha lasciato un segno.
Purtroppo non è stato così per quanto concerne il suo ruolo di scopritore di talenti, pur essendo stato molto attivo in questo senso. Ha sempre lanciato numerosi personaggi, con i quali, nella quasi totalità, dopo un periodo di grande amore, ha puntualmente litigato, fino a trasformare in odio il sentimento precedente. Tutti hanno avuto una caratteristica comune: dal maestro hanno acquisito un tratto particolare di arroganza, senza tenere conto che Pannella è Pannella, loro no. Ne hanno inoltre ereditato l’egoismo, fino a rinnegare il vecchio capo con un cinismo, a volte, sconcertante. Infine hanno sempre dimostrato un arrivismo pernicioso, passando disinvoltamente da un Partito all’altro, sempre col piglio di chi è detentore della verità.
Molti di loro, come Marco, hanno ritenuto e spesso ritengono, di potersi qualificare liberali, anzi quelli veri, pur militando, o avendo militato, in partiti cesaristi, plebiscitari, conservatori o reazionari. Uno di loro ad un Congresso Nazionale del PLI, si candidò alla Presidenza del Partito con l’intento di consegnare il glorioso simbolo liberale al costituendo partito padronale di Silvio Berlusconi. La saggezza dei congressisti evitò che ciò potesse avvenire e ne sconfisse la linea. Un altro di questi brillanti discepoli del Marco nazionale ha tentato, insieme al protagonista di cui ho parlato prima, di lanciare una iniziativa di ispirazione liberale, esclusivamente per farsi arruolare da Silvio ed andare in Parlamento. Quando la fortuna berlusconiana ha poi cominciato ad appannarsi, lo ha lasciato con la rapidità del fulmine, per aderire ad un’altro soggetto politico, salvo oggi, pur mantenendo un ruolo di rilievo in quella formazione, agitarsi per costituire un nuovo movimento liberale. Anch’egli, forse, pensa di essere l’unico liberale in Italia, mentre il PLI non sarebbe nient’altro che una modesta associazione di nostalgici mentecatti. Purtroppo non si rende conto di non essere Pannella, di non essere stato a scuola di liberalismo da Pannunzio e di non aver neppure il titolo di aver militato nel PLI, per potersi definire l’interprete autentico del liberalismo italiano.
A nostra volta non siamo così poco liberali da ritenere di possedere tale caratteristica noi stessi ma, per avere visto da vicino innumerevoli tentativi, tutti falliti, siamo consapevoli che nessuno potrà riuscire in un simile intento, facendo a meno del PLI, il cui apporto per la realizzazione del sogno di un grande soggetto liberale è indispensabile, anche se non esaustivo. Esso tuttavia, oltre a rappresentare la continuità storica e politica del Partito fondato da Benedetto Croce, è l’unica struttura liberale organizzata e diffusa territorialmente di una qualche, sia pur modesta, consistenza elettorale. Ad un paziente lavoro costituente, che partendo dal PLI, possa aggregare un’area più vasta, ci dedichiamo con impegno e generosità e, quindi, aborriamo i tentativi di coloro che, con furbizia, dichiarano di voler riunire i liberali dispersi, cercando in effetti di dividerli ulteriormente, accecati da una sorta di priapismo del proprio io, che li porta a privilegiare gli obiettivi personali rispetto a quelli della causa che assumono di perseguire.
Dopo il clamoroso fallimento del socialismo reale e la sconfitta, ormai definitiva, del socialismo democratico dal volto umano, in tutti i Paesi dove è stato sperimentato, il liberalismo ha finito col prevalere, anche se non senza qualche approssimazione e confusione. Per esempio sovente non si tiene conto della profonda differenza tra conservatori e liberali, finendo col definire politiche liberiste e protezioniste, di stampo conservatore, come liberali, mentre spesso ne sono persino il contrario.
Tuttavia, nel nostro Paese, dove l’egemonia culturale comunista è durata un cinquantennio, una certa sinistra settaria non rassegnata, tende ad imporre una qualche forma di primato intellettuale, ormai soltanto anacronistico.
Il compito di chi, come noi, aspira a creare un movimento liberale consistente, in grado di avere un peso e svolgere un ruolo attivo per la ripresa economica, culturale e morale del Paese, è quindi quello di far conoscere, sia pure nella sua complessità, il liberalismo, quello autentico, e di affermarne i valori antichi ed insieme rivoluzionari, per dimostrarne il primato in una competitiva società moderna. Questa è l’unica strada che possa consentire di coltivare l’ambizione di restituire all’Italia il posto che le compete tra i grandi del Mondo Occidentale.
Tratto da Rivoluzione Liberale