Enzo Palumbo, avvocato del Comitato referendario, sulla sentenza della Consulta

La Corte Costituzionale merita rispetto anche quando le sue sentenze non si condividono.
Ma il rispetto per l’Istituzione non può impedire di evidenziare la superficialità di una decisione che appare minimalista e burocratica, attestata su precedenti che non sono neppure tali, senza alcuno sforzo di approfondire le argomentazioni del Comitato promotore.
Ma c’è di più.
Si tratta di una decisione pericolosa per le conseguenze che può avere sull’ordinamento democratico, che d’ora in poi, mancando qualsiasi rimedio giuridicamente praticabile, sarà esposto ai capricci di una qualsiasi maggioranza parlamentare, oltretutto propiziata da un meccanismo elettorale che attribuisce il 55% dei seggi alla coalizione più forte, anche se non rappresentativa della maggioranza assoluta degli elettori, in buona sostanza alla più forte delle minoranze.
Qualcosa del genere è’ già successa con la legge Acerbo del 1923, che aprì la strada al regime fascista attraverso la successiva legge Rocco del 1929, che infine portò alla Camera dei fasci e delle corporazioni del 1939.
Chiunque abbia a cuore le sorti della Democrazia italiana sappia che le sue libertà sono ormai affidate ad un Parlamento non rappresentativo, che in qualsiasi momento potrebbe distruggere la Democrazia italiana senza che sia possibile opporvisi attraverso il coinvolgimento diretto del popolo, la cui volontà è stata oggi ignorata, quando invece poteva essere giuridicamente assecondata, come sostenuto dalla gran parte della dottrina costituzionalista italiana.

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