Elezioni anticipate, epilogo previsto
Avevamo previsto che ci trovavamo di fronte all’ultimo atto di una tragica legislatura: così è stato. Tutto si è svolto secondo il copione ampiamente preannunciato. Berlusconi si è fatto battere alla Camera dei Deputati, ma di misura, realizzando, come sperava, un quasi pareggio. Questo risultato gli serviva, come aveva più volte detto al Capo dello Stato, quale conferma che non esistono altre maggioranze parlamentari da sperimentare. Infatti il Governo in carica ha ancora una modesta prevalenza al Senato e, pur in considerazione del voto di ieri sul Rendiconto dello Stato, probabilmente alla Camera non vi è alcuna maggioranza alternativa, se non per un paio di voti. Per quanto riguarda lo scenario che si presenterà dopo le dimissioni, il Terzo Polo ha già dichiarato di non essere disposto a sostenere un Governo con PDL e Lega, senza il PD, e i primi due partiti non intendono appoggiarne nessuno che includa PD ed IDV. Quindi la situazione di stallo, impone di ridare la parola agli elettori.
Approvata la Legge di Stabilità, che conterrà come emendamenti quanto richiesto dall’Europa, Napolitano, dopo le consultazioni di rito, non potrà che prendere atto che non vi è nessuna soluzione alternativa in grado di ricevere il necessario sostegno parlamentare e dovrà indire le elezioni anticipate.
Il Governo è di fatto dimissionario e le formalizzerà dopo il voto sui documenti finanziari. Tuttavia, il Premier, nonostante l’abbandono del proprio schieramento da parte di quelli che ha definito “traditori”, ha scongiurato la coalizione delle larghe intese, che da molte parti veniva sollecitata. La sopravvivenza politica di Berlusconi è infatti legata ad una logica di guerra perenne, senza tregue o esclusione di colpi. Solo in un simile contesto egli può difendere la propria posizione di capo e tenere unito un partito padronale. Se avesse prevalso il buon senso e si fosse pervenuto ad una maggioranza di Unità Nazionale, il ruolo di Berlusconi sarebbe immediatamente finito ed il suo disastrato partito si sarebbe diviso in molti tronconi, consentendo principalmente la nascita di quella nuova formazione cattolica, prefigurata a Todi il mese scorso, che potrebbe svilupparsi soltanto se la forte personalità del Presidente del Consiglio venisse, anche temporaneamente, accantonata.
E’ evidente, nell’attuale contesto, che la destra è destinata a perdere, ma il PDL eviterà di disintegrarsi e sarà in grado, anche dall’opposizione, di difendere la libertà personale e gli interessi del proprio leader. La designazione di Alfano, come candidato Premier quasi bambino, lo farà apparire come un partito capace di rinnovarsi, quindi consentirà ai suoi aderenti di accettare più facilmente una sconfitta, che è già scontata.
Non è stata quindi, quella berlusconiana, una prova di masochismo, ma la esecuzione di un piano lucidamente studiato e definitivamente varato nel corso del pranzo di famiglia di lunedì ad Arcore, dove si ‘è discusso non degli interessi dell’Italia, ma di quelli del Gruppo Fininvest – Mediaset, alla presenza dei figli del fondatore e del capo azienda, Fedele Confalonieri.
Se le borse ed i mercati, anche di fronte alle dimissioni annunciate del Governo, hanno reagito negativamente, portando lo spread tra BOT e Bund tedeschi ad oltre 570 punti, raggiungendo il massimo storico, significa che la partita giocata ieri alla Camera, non è andata nel senso auspicato dalla finanza internazionale, di una definitiva sconfitta del berlusconismo, ma come voleva il Cavaliere, che rimane abbarbicato ad un bipolararismo, diviso in tifoserie contrapposte.
Questo è stato seminato nei lunghi anni in cui ha trionfato l’antipolitica e tanto si può raccogliere. Si andrà ad elezioni anticipate, ma la strada per tornare alla normalità democratica appare ancora lunga.
Purtroppo anche l’opposizione ha le sue responsabilità perché, piuttosto che giocare una partita tutta politica, come avrebbe dovuto, ha scelto il terreno, in fondo più favorevole all’avversario, dello scontro totale, sfruttando la complicità opportunistica dei mercati, della stampa internazionale anti italiana, nonché di alcuni capi di Stato, che intendevano far pagare a Berlusconi il prezzo della sua insopportabile arroganza.
La prossima legislatura, che presumibilmente si inaugurerà a febbraio o marzo, è destinata a durare poco, anche perché incombe il referendum abrogativo sulla legge elettorale, unico strumento idoneo a scardinare l’attuale sistema, responsabile del degrado dell’istituto parlamentare e della ingovernabilità.
I liberali esterrefatti per quanto avviene, continueranno a sostenere la necessità di un radicale cambiamento del panorama politico, che passa inevitabilmente attraverso una legge elettorale in grado di restituire la sovranità al popolo.
fonte: © Rivoluzione Liberale