Cominciamo in modo corretto il dibattito precongressuale

Cominciamo in modo corretto il dibattito precongressuale

Alcune pessime abitudini nella nostra comunicazione si sono talmente diffuse  da non scandalizzare quasi più nessuno e segnano il degrado della civiltà di un Paese. Infatti la più ampia libertà di espressione è premessa indispensabile per garantire condizioni minime di democrazia, ma il limite a tale libertà, che altrimenti diventerebbe licenza per offese arbitrarie, o, nei casi più gravi, persino diffamazione, non può che essere il civile autocontrollo da parte del singolo, per evitare che si possa esondare  dal confine della verità, del rispetto verso gli altri, della corretta e non forzata interpretazione dei fatti, della riservatezza imposta dalle circostanze.

Anche se più volte si parla di teatrino della Politica, essa non può mai essere trasformata in cabaret,  nel tentativo, forse alla moda, di imitare lo stile di un comico, che, dopo aver creato un grande movimento, lo dirige, cercando di scandalizzare con dichiarazioni sopra le righe, ma prendendo sovente delle macroscopiche cantonate.

La vocazione personale, che rende anche più simpatico l’amico Paolo Guzzanti, è quella di ricercare i paradossi e condurre in pochade anche  alcune questioni molto serie. Anch’io subisco il particolare fascino di Paolo, fornito di una intelligenza vivace e veloce nel farsi un’idea delle situazioni. Quest’attitudine lo conduce ad agire d’impulso e, altrettanto spesso,  nella frenesia di recuperare immediatamente l’errore, a lanciarlo in pericolose avventure fuori pista. A questo si aggiunga una tendenza a leggere i passaggi della politica in modo brutalmente schematico, talvolta non valutandone appieno il significato, come di certo è avvenuto in un suo recente commento sull’ultimo Consiglio Nazionale del PLI, apparso su molti Siti.

Circa due anni fa, come unico rappresentante del PLI alla Camera dei Deputati, mentre il Partito aveva stipulato un’alleanza con le forze del Centro, che avevano presentato una mozione di sfiducia al Governo Berlusconi, tra i cui firmatari appariva anche il suo nome, Guzzanti si fece sorgere dei legittimi dubbi, incoraggiati da una proposta di rinnovo dell’attraente contratto di collaborazione col Giornale, da poco  scaduto, anche se proprio in quei giorni usciva in libreria un libro dal titolo significativo ” Mignottocrazia, la sera andavamo a ministre”, che certamente non era stato accolto con espressioni di giubilo dall’ambiente berlusconiano.

Per disciplina di partito tuttavia Guzzanti votò a favore dell’accoglimento della mozione di sfiducia, ma contestualmente decise di allontanarsi dal PLI per aderire, poco tempo dopo, al Gruppo dei “Responsabili”, che si assunse l’onere di sostenere fin quando fu possibile, il governo Berlusconi, poi dimessosi nel novembre 2011.

La coalizione di Centro alla quale guardava con attenzione il PLI, sembrava poter cogliere una straordinaria occasione con la costituzione del Governo Monti. Quindi la linea scelta dai liberali italiani, appariva giusta e foriera di un cambiamento degli equilibri del Paese e di qualche riconoscimento a chi, come noi, l’aveva fortemente voluta. Purtroppo una successiva conduzione della responsabilità di Governo miope e sostanzialmente sbagliata da parte di  Mario Monti, che si lasciò dettare L’agenda politica dalla Merkel e dai burocrati di Bruxelles, risultò fallimentare.

Dopo alcuni mesi dalle elezioni politiche del 2013, pensammo che erano venute meno le ragioni di dissenso dell’anno precedente e proponemmo a Guzzanti di rientrare nel Partito. Infatti, fallita l’ipotesi centrista  per esclusiva colpa di Monti, il PLI avrebbe voluto riallacciare contatti con le forze politiche più significative e meno distanti sul terreno dei valori fondanti.

Pregammo quindi Paolo di esplorare la possibilità con il PDL, non ancora ritornato alla denominazione “Forza Italia”, di riaprire i colloqui interrotti da molti anni, per capire, nella nuova difficile situazione tripolare, se vi potesse essere nel centrodestra italiano in via di completo riassestamento  (scomparsa di Futuro e libertà, allontanamento della Lega per riappropriarsi di alcuni temi propri, imminente scissione del NCD) un interesse a valorizzare la  componente liberale, ancorata a solide tradizioni valoriali.  Dopo anni di incomprensioni, sarebbe stato opportuno avviare un confronto serrato, anche con l’obiettivo di una eventuale collaborazione su alcune specifiche tematiche (abbattimento del mostro burocratico, riforma della Giustizia, riduzione della pressione fiscale, incoraggiamento agli investimenti di piccole e medie imprese, sostegno agli artigiani, ai professionisti ed alle altre categorie del lavoro autonomo). L’idea era di ottenere, col sostegno della potenza mediatica di Forza Italia, una adeguata amplificazione alle proposte del PLI in tali settori, fino ad incoraggiare una polemica con l’UE, responsabile dell’errore grave di aver sposato il principio della concorrenza fiscale tra Stati.  La contropartita per  FI, ovviamente,  poteva essere quella di uscire da un certo isolamento e, finalmente di ottenere una forte legittimazione in ordine ad alcuni specifici temi liberali, patrimonio del partito che ne rappresenta la tradizione più rigorosa.

Tralascio alcuni toni sgradevoli dello scritto di Paolo sopra citato, che potrebbero far intuire chi sa  quali complotti o pattuizioni segrete. In effetti il PLI, non ha visto nella sinistra, peggio in quella bersaniana, ma altrettanto in quella renziana, alcun segnale di interesse per la politica liberale e per le soluzioni che da essa conseguono, ma è consapevole che non vi sono altre alleanze per avviare il risanamento finanziario, amministrativo e, forse principalmente, morale dell’apparato statale, fino a quando non vi saranno le condizioni perché possa prevalere una dignitosa coalizione di centro destra. In considerazione dei rapporti di consuetudine e di collaborazione giornalistica di Guzzanti con il capo del PDL-Forza Italia, lo avevamo individuato come il più adatto   interlocutore per comunicare, riservatamente, la disponibilità del PLI ad aprire un confronto non pregiudizialmente ostile, come quello della gran parte delle altre forze politiche, ma convintamente orientata a concordare un programma di rilancio del Paese, attraverso ricette liberali autentiche, e non quelle annacquate, già sperimentate, di difesa di interessi settoriali consolidati.

Il recente scritto di Guzzanti è la dimostrazione palese di come non sia possibile alcun confronto tra le forze politiche, senza che il tutto scada in gossip, volgarità, insinuazioni, ammiccamenti. Una sola cosa è certa: l’elettorato liberale è di centro e guarda con interesse verso una destra non conservatrice o nostalgica, ma dinamica, costituita da piccoli e medi imprenditori, professionisti, artigiani, giovani in cerca di prima occupazione, soggetti che, se potessero cadere le barriere burocratiche e fosse resa meno espropriativa la pressione fiscale, avrebbero le energie, l’esperienza, la cultura, i capitali e le fiducia del mercato per garantire ripresa ed occupazione. Bisogna tuttavia smetterla con i metodi del passato, come quello di ricercare affannosamente pochi miliardi per coprire il sussidio di 80 euro mensili, quale grande spot elettorale ai ceti che votano PD. Questa antica politica delle elargizioni a fini clientelari non risolve nulla. Si tratta, invece, di fare una manovra di dismissione di beni statali, mobili ed immobili, da quattro o cinquecento miliardi, e, dopo, raggiunti gli obiettivi di bilancio e ridotto drasticamente il debito pubblico e la relativa spesa per interessi, avviare una forte riduzione della pressione fiscale, che incoraggi i nuovi investimenti  per creare i necessari nuovi posti di lavoro.

Lo sosteniamo inascoltati da anni, ma l’On Guzzanti non ha forse avuto il tempo di soffermarsi sui nostri documenti. Il Congresso, già convocato e che si celebrerà nei primi giorni di ottobre a Roma, sarà un’occasione di confronto, anche con le altre forze politiche ed in particolare col veloce Renzi, perché intendiamo sfidarlo sul terreno dell’abbattimento della spesa pubblica, che rappresenta un vero e proprio  taglieggiamento per i ceti produttivi, ma anche su un grande piano di liberalizzazioni, di drastica riduzione e semplificazione fiscale e su un completo ribaltamento dell’approccio europeo. In primo luogo si dovrà  partire dalla autonomia completa della BCE, che dovrebbe avere i poteri della Federal Reserve americana, nonché avviare il necessario processo di convergenza dei regimi fiscali fra Stati, per evitare che continui la fuga dall’Italia delle nostre aziende migliori. Gli suggeriremmo, inoltre, di istituire una specifica struttura per il superamento, in favore delle aree meno attrezzate, delle difficoltà tecniche per accedere ai finanziamenti europei. Tale iniziativa servirebbe anche implicitamente come strumento di controllo preventivo.

Con buona pace dell’On. Guzzanti, il PLI, durante la mia lunga gestione, anche se non ha avuto fortuna, e me ne rammarico, anzi la considero una mia colpa, ha dialogato con tutti, pur rimanendo intransigente nella difesa dei principi di fondo non negoziabili. Sono certo che sarà così anche con chi verrà dopo, a cominciare da Giancarlo Morandi, che ha iniziato brillantemente. Personalmente non sono stato informato di alcuna intesa raggiunta la sera prima del Consiglio Nazionale tra lo stesso Morandi e Guzzanti. La cosa non mi sorprenderebbe dal momento che, dopo le mie dimissioni, non ricopro alcuna carica nel PLI. Mi pare, tuttavia,  che nessun altro abbia avuto tale sensazione e che nulla ha detto in proposito l’amico Morandi. Quasi tutti i presenti al Consiglio Nazionale( tranne due, tra essi, il Presidente del Consiglio stesso) hanno sottoscritto una mozione, che confermava la fiducia a Morandi ed inoltre fissava la data del Congresso per i giorni 3/4/5/ ottobre 2014 e dichiarava chiuse le iscrizioni nel giorno precedente alla delibera. Tale mozione, per parti separate, è stata votata all’unanimità. In ultimo, la presunta minoranza (due consiglieri, compreso il Presidente) hanno cercato di imporre che il Congresso si svolgesse a Trieste, suscitando una unanime reazione negativa da parte di tutti gli altri presenti, per la semplice ragione che, raggiungere Roma o una città del Centro Italia ha un costo ragionevole e risulta facile a tutti per i numerosi collegamenti esistenti. Io stesso, ho ritenuto di dover precisare che più volte ho pensato di far svolgere il Congresso Nazionale a Palermo, che è la mia città. Tale scelta sarebbe stata ancor più significativa dal momento che, dopo una lunga stagione, ho deciso di lasciare la segreteria, ma ho preferito desistere per non gravare di costi eccessivi i delegati delle aree più lontane e per poter contare su una maggiore attenzione dei media, che si trovano in prevalenza a Roma.

Capisco che il mestiere del polemista è quello di fare polemica, ma bisognerebbe anche evitare di farne un banale esercizio strumentale. Inviterei l’amico Guzzanti a dedicare le proprie energie, sempre apprezzate, a qualcosa di più produttivo per il Partito, e, se gli dovesse riuscire, sforzandosi di compiere un miracolo per le sue abitudini, di attenuare i toni e l’uso di aggettivi poco adatti al mondo liberale, che tende sempre a preservare uno stile, che, anche se desueto, è sempre meritevole di apprezzamento.

Stia tranquillo che, per quanto concerne il vascello liberale, non si è verificato alcun naufragio. Esso procede serenamente nella propria rotta, abituato anche alle difficoltà del mare agitato e spesso anche contrario.

La mia impressione semmai è che, agitandosi in una tinozza sul ponte della nave, qualche marinaio, diciamo un po’ allegro, possa cadere  in mare e spiaggiarsi. Dopo un breve riposo e lo smaltimento delle sostanze che hanno determinato l’euforia, vi sarà sempre una scialuppa per recuperare i naufraghi e consentir loro di proseguire la navigazione, con la speranza che, se decideranno di tenersi lontani dalla cambusa, potranno svolgere positivamente il loro compito in sintonia con il resto dell’equipaggio e senza esporre il comandante all’imbarazzo di dover smentire intese, che non possono esservi state, se non al di la di un reciproco impegno al fair play, che nella casa liberale rappresenta la regola.

Stefano de Luca

 

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