Campagna acquisti
Bisogna dare atto a Silvio Berlusconi di aver saputo opporre una coriacea resistenza ad un formidabile attacco giudiziario e mediatico, riuscendo a salvare il proprio Governo e, contemporaneamente, ad evitare lo scioglimento delle Camere nel momento per lui più difficile. Nessuno avrebbe scommesso un Euro sulla sua capacità di resistere all’ ondata di turbamento determinata nell’opinione pubblica dalle rivelazioni sui festini con puttanelle, anche minorenni, facendogli venir meno, per la prima volta, in modo consistente, una quantità notevole di consenso, tanto da precipitare nei sondaggi.
Allo stesso tempo l’opposizione ha commesso tutti gli errori possibili, poiché ha cavalcato la via giudiziaria per la capitolazione del Premier, anziché, come sarebbe stato corretto, scegliere quella doverosa di invocare una adeguata serietà comportamentale da parte di chi guida il Paese e lo rappresenta di fronte al Mondo. Sarebbe stato doveroso un severo giudizio morale sullo stile di vita di Berlusconi e sulla compatibilità col suo delicato compito istituzionale, mentre é stata scelta la strada di puntare sui reati contestati, effettivamente di difficile dimostrazione e basati su un debole impianto accusatorio, palesemente influenzato da un intento persecutorio.
Chi aveva responsabilità politiche, ancora una volta, per mancanza di lucidità ed autorevolezza, ha abdicato al proprio ruolo, affidandosi, ancora una volta, alla supplenza della magistratura per affrontare il delicato problema. La sinistra, anziché approfittare del momento di debolezza della maggioranza per lanciare una proposta alternativa, é apparsa oscillante tra varie ipotesi, ogni giorno diverse, tutte, prive di appeal, perché incentrate sulla logica dei giochi di potere. Al centro, la nuova formazione politica di Gianfranco Fini ha vanificato l’effetto mediatico favorevole del Congresso fondativo per una perniciosa polemica sui ruoli di comando all’interno del movimento, con conseguenti defezioni.
Berlusconi ha avuto pertanto facile gioco nel portare avanti la campagna acquisti di molti deputati, preoccupati di una fine prematura della legislatura, nella certezza di non poter essere rieletti. Inoltre ha messo in campo tutti i poderosi strumenti finanziari e di potere di cui dispone per un reclutamento senza precedenti, promettendo posizioni nel contesto di un annunciato allargamento del Governo, nonché contratti nelle sue numerose aziende.
L’opinione pubblica, paradossalmente, ha preso atto di questa trasformazione del Parlamento in una sorta di suk arabo, senza scandalizzassi, come avrebbe dovuto, ma con lo stesso spirito con cui segue la campagna acquisti di una squadra di calcio. Tale atteggiamento è la conseguenza della trasformazione della politica in un’arena, dove si scontrano tifoserie contrapposte, che parteggiano per il rafforzamento di una parte o dell’altra.
L’etica ha definitivamente abbandonato il Palazzo, con la conseguenza che il trasformismo non viene più considerato come un tradimento, la cui sanzione è il disonore, ma come un normale cambio di casacca o di cartellino. Ovviamente chi, come noi, è ancora legato alla concezione che, invece, la militanza in un partito comporti una scelta sul terreno dei valori con implicazioni di carattere etico e culturale , rimane scandalizzato da queste facili migrazioni di schieramento.
In effetti cosa ci si potrebbe aspettare di diverso da un Parlamento di nominati? Quanto avviene dinnanzi ai nostri occhi é la conseguenza di una trasformazione profonda del costume. Ne consegue che dobbiamo convincerci che la nostra lotta esula dal normale confronto politico tra posizioni diverse, mentre dobbiamo prendere atto di essere alternativi al nuovo sistema, che si è affermato e che rappresenta l’opposto di quanto L’etica liberale ha sempre dettato. Il confronto, nella cosiddetta Seconda Repubblica, non è più tra una concezione dell’organizzazione della società, rispetto ad un’altra, ma è divenuta lotta per conquistare il potere e basta. Ci troviamo pertanto di fronte alla plastica rappresentazione di un sistema populista di tipo sudamericano, dove sono saltate le regole della democrazia, cui noi restiamo sempre ancorati.
Tale realtà si esprime in tutta la sua evidenza di fronte al dramma del popolo libico in rivolta, contro cui il dittatore Gheddafi ha mandato l’esercito a sparare ad altezza d’uomo. Tale raccapricciante repressione da il voltastomaco ad ogni sincero democratico, ma non scandalizza, al di là di alcune superficiali dichiarazioni di circostanza, Silvio Berlusconi, sodale ed amico del Rais. Egli giustifica, di fatto, la sua posizione, a dir poco equivoca , con l’opportunità che deriva dalla vicinanza geografica e dai connessi problemi di sicurezza delle coste, che potrebbero essere invase dai profughi, mentre sono in gioco i più fondamentali diritti umani.
Cosa dovrà ancora avvenire perché gli italiani diano un concreto segno di ribellione, visto che la semplice, crescente, diserzione delle urne ha dimostrato di non bastare?
Stefano de Luca