Appello a tutti i Liberali italiani
Ad ora tarda sono stato sommerso da mail ed sms di liberali sbigottiti per la lettera aperta di alcuni autorevoli amici, che hanno scritto un documento in grandissima parte condivisibile perché sostanzialmente riprende i principali temi della politica del PLI di questi ultimi anni. Soltanto su un punto ho qualche perplessità. Mi sembra di capire dal testo, ma forse è colpa mia, che il Governo Monti venga considerato una sorta di medico del pronto soccorso che ha praticato al moribondo le prime sommarie cure per evitare che morisse, ma deve sgombrare il campo al più presto. Personalmente ritengo invece che si tratti, per rimanere sull’esempio della medicina, del caso di un luminare che ha salvato la vita al paziente e che, usando la chirurgia e cure molto drastiche, intrise di forti elementi di chimica liberale, lo sta rapidamente riportando alla normalità. L’Italia infatti ha recuperato tutto il suo prestigio internazionale e, sia pure lentamente, sta avviando quel processo riformatore che, sia la destra che la sinistra, entrambe conservatrici e condizionate dalle proprie corporazioni di riferimento, hanno sempre rifiutato. Moltissimo rimane da fare, ma non riconoscere che finalmente qualcosa di liberale è stato messo in campo, mentre molto altro è in cantiere, fa temere che, in realtà, i responsabili di tali omissioni siano nostalgici di un passato morto e sepolto e che, per fortuna, non potrà più ritornare.
Ringrazio molto gli amici che hanno scritto il documento per aver fatto il mio nome nella parte conclusiva, con l’intento di consentirmi di aggiungere alla mia carriera un altro titolo: quello di Presidente del Partito. Premesso che mi pare un onore che non merito, e l’ho già detto a chi in questi giorni ha avuto la benevolenza di ripetermi questa offerta, ribadisco che non ho bisogno di aggiungere cavalierati per infoltire il mio già troppo lungo curriculum di liberale, e soltanto quello, sin da quando portavo i calzoni corti.
I messaggi che questa sera hanno invaso la mia posta elettronica non solo mi confortano per la dimostrazione di affetto, che va certamente oltre i miei meriti, ma sono stati importanti anche per quella parte istintiva, che inizialmente mi era apparsa troppo forte, ma che, riflettendoci, forse è la più vera e finora non ne avevo capito la esatta portata. Come nel 2009 qualcuno sta lanciando un’OPA ostile sul PLI. Non si spiegherebbe altrimenti come, improvvisamente, abbia cambiato idea una persona, sicuramente di parola, che fino ad un mese fa mi ringraziava perché, dopo aver lasciato il Partito col quale era stato eletto in Parlamento, ero riuscito a convincerlo ad entrare nel PLI, superando le sue resistenze. Pertanto, in più occasioni, ha ripetuto che non avrebbe posto mai una sua candidatura alla segretaria nazionale contro di me e, comunque, senza il mio accordo. Ma si sa la candidite è una grave malattia, che spesso induce a comportamenti strani, come quello di nascondersi come liberale, quando ci si propone per un ruolo istituzionale, dove è meglio apparire, come scrivono tutti i giornali, una sorta di indipendente, ma poi pretendere di poter puntare alla posizione più esposta in termini responsabilità all’interno del Partito. Per il ruolo di amministratore del condominio si fingerà di essere ragionieri.
Non sono interessato ad alcuna promozione. Invece intendo rassicurare chi me lo ha ripetutamente chiesto in questi giorni, che sono pronto, ancora una volta, a garantire l’autonomia del Partito, come ho fatto in questi anni, spesso contro tutto e contro tutti. Il Congresso quindi servirà ad avviare una fase costituente e di vero rinnovamento, emarginando, se ne avremo le forze, arrivisti e immarcescibili egoisti. Sono quindi disposto ad accompagnare questo processo, riproponendo la mia candidatura a Segretario per il periodo strettamente necessario a concludere la difficile transizione in atto al fine di preparare una classe dirigente nuova che non abbia la cultura dell’intrigo e dell’imboscata. Ovviamente condurrò questa battaglia per vincerla, ma mettendo in conto, come è sempre in democrazia, di poterla perdere. Tale non prevedibile ipotesi mi rattristerebbe perché, come fondatore (non semplice cofondatore) mi dispiacerebbe non tanto essere cacciato, come è capitato a Fini, quanto sapere che questo evento segnerebbe la fine di un orgoglioso cammino durato un quindicennio, sfortunato anche a causa delle scorrettezze di qualche amico, ma, dal mio punto di vista, glorioso.
Talvolta la coerenza e la fede nelle proprie idee, anche quando sono impopolari e persino le sconfitte, quando si è certi di essere nel giusto, come lo eravamo noi ed i fatti ci hanno dato ragione, bastano a ripagare ogni sforzo e delusione. Io non solo non rinnego nulla di questo lungo percorso, ma considero la testimonianza caparbia dei liberali una scelta etica di grande valore, che personalmente mi gratifica. Non abbandono il campo, anzi non arretro di un millimetro. L’imprudenza di un gesto palesemente determinato da una consapevole debolezza hanno sciolto ogni mia residuale perplessità.
Avrei voluto concludere la lunga fase della mia guida del Partito con un Congresso veramente unitario, non ipocritamente tale soltanto a parole, perché sono convinto che finalmente i liberali hanno una carta da giocare. Forse proprio per questo prevalgono gli arrivismi e gli opportunismi. Pazienza. Qualcuno dirà che da parte mia si tratta di uno spasmodico attaccamento al ruolo. I liberali autentici sanno che si tratta piuttosto di attaccamento al Partito, che non vorrei vedere svenduto a prezzi da saldo fallimentare da parte di chi aveva persino cercato di registrare un nuovo marchio per preparare una imminente scissione, ed oggi spudoratamente osa parlare di unità. Mi pare l’unità pelosa di chi la richiede soltanto alle proprie condizioni.
Spero che, come allo scorso Congresso, riusciremo a preservare la nostra autonomia ed il nostro patrimonio politico e morale costruito in quindici anni di coerenza. Se così non dovesse essere, personalmente non voglio esserne complice in alcun modo e non accetterò nessun incarico, neppure quello di semplice componente del Consiglio Nazionale. Rivedo dinnanzi ai miei occhi il copione del Congresso dell’Ergife del 1994, in cui rimasi solo a tentare di difendere il diritto del nostro Partito ad esistere e fui sconfitto. Ma sono sicuro che, ancora una volta, saremo capaci di scacciare i mercanti dal Tempio.