Altro che governicchio!
La determinazione del Capo dello Stato, cui non possiamo che essere oltremodo grati, ha permesso all’Italia di uscire da una situazione molto incresciosa sul piano del prestigio internazionale, che si era recentemente molto compromesso. Tuttavia non basta l’autorevolezza del nuovo Gabinetto Monti a risolvere i gravissimi problemi, che vengono in parte da lontano, ma che dipendono in prevalenza dalla incapacità del Governo precedente di decidere e dalla scarsa credibilità del suo Premier.
Come abbiamo sentito dalle dichiarazioni programmatiche di Mario Monti ci aspettano sacrifici non indifferenti. Tuttavia, come abbiamo più volte sottolineato, il vero problema italiano è rappresentato, oltre che dal debito pregresso dello Stato, dalla enorme spesa pubblica, che si aggira intorno al 52% del PIL. Ridurla significherebbe, non soltanto liberare risorse indispensabili, evitando di pesare ulteriormente sui cittadini, già gravati da una pressione fiscale insostenibile, ma alleggerire le interferenze di una burocrazia, che, obiettivamente, costituisce un freno per l’economia e, spesso, è anche fonte di corruzione e taglieggiamento per chiunque voglia portare avanti delle iniziative produttive.
Un governo di tecnici ha il vantaggio di poter affrontare la impopolarità; d’altronde questa ne è la vera ragion d’essere. Il Parlamento finirà con l’approvare anche misure poco gradite, perché nessuno potrà assumersi la responsabilità di respingere le richieste di un esecutivo, che rappresenta l’ultima spiaggia per salvare il Paese.
La necessità di non staccare la spina al Governo dei tecnici per non assumersi la responsabilità di far precipitare il Paese nel baratro, imporrà a formazioni, che fino a ieri si sono fronteggiate ferocemente, di attenuare i dissensi e di sostenere provvedimenti spesso indigeribili per i rispettivi elettorati.
L’asse della politica si sposterà quindi inevitabilmente verso il centro, come hanno già sottolineato i rappresentanti del Terzo Polo a Vicenza, preconizzando, forse con una dose eccessiva di ottimismo, che probabilmente in breve tempo essi diverranno il primo. In ogni caso, la svolta del “Governo del Presidente” imporrà un superamento dell’attuale bipolarismo in salsa italiana, fondato su una radicale contrapposizione, ma non sorretto da altrettanto nette distinzioni di carattere culturale ed ideale.
In tale contesto le difficoltà insorte per la nomina dei sottosegretari, probabilmente, più che riguardare l’assalto alle poltrone, concerne i criteri di tali nomine. Da una parte il Capo del Governo vorrebbe coinvolgere i partiti che sostengono la coalizione, chiamando loro rappresentanti per impegnarli e supplire alla inesperienza, per quanto concerne le procedure parlamentari, dei Ministri, dall’altra le formazioni politiche vorrebbero tenersi quanto più possibile le mani libere, per contrattare l’approvazione di provvedimenti sgraditi alle loro basi elettorali ed, eventualmente, per negare l’appoggio su determinate questioni spinose.
Cruciale nelle prossime settimane sarà altresì la decisione della Corte Costituzionale in ordine all’ammissibilità dei quesiti referendari sulla legge elettorale. Se, infatti, il responso dovesse essere negativo, in qualunque momento si potrebbe aprire una crisi, perché i maggiori partiti rappresentati in Parlamento avrebbero interesse a votare con l’attuale legge porcellum, per nominare ancora una volta propri fedeli, servitori, famigli ed assicurarsi la difesa degli interessi dei rispettivi capi. La consultazione referendaria invece aprirebbe nuovi scenari per il prevedibile successo trionfale, cui è destinata. Votare alla scadenza del 2013 con la legge Mattarella significherebbe scomporre le attuali coalizioni. Altrimenti si imporrebbe una necessaria convergenza su una legge nuova, che tuttavia non potrebbe discostarsi troppo dalle richieste contenute nei quesiti posti con il referendum, pena la sua celebrazione in ogni caso. Ci auguriamo che la Corte non si attenga ad una lettura solo formalistica del thema decidendum, ma che guardi alla sostanza della richiesta popolare, sostenuta da un enorme consenso.
I successi di Monti ed una durata prolungata del suo esecutivo, potrebbero sconvolgere i piani dei maggiori partiti per le elezioni del 2013, non soltanto perché lo stesso Premier od un suo importante Ministro potrebbero decidere di guidare una coalizione elettorale, anche quella centrista, ma perché, un epilogo del genere, finirebbe certamente per scomporre gli attuali Poli, lacerando al loro interno sia il PD che il PDL. In tal caso, anche la prossima Presidenza della Repubblica verrebbe seriamente ipotecata da una più che probabile candidatura dello stesso Monti, mettendo fuori gioco i molteplici aspiranti.
In relazione a tali ambiziosi obiettivi, il Presidente del Consiglio, prima ancora di presentare al Parlamento i provvedimenti economici delineati in modo generico nelle dichiarazioni programmatiche, intende dimostrare il proprio prestigio internazionale nel corso degli incontri, che avrà in settimana tra Bruxelles e Strasburgo con i vertici dell’UE e con i principali Capi di Stato europei. La scelta di una simile agenda politica, ove fosse stato necessario, dimostra che la caratura del nuovo esecutivo e del suo leader non è affatto quella, troppo frettolosamente definita di un “governicchio di tecnici”, ma di un vero Gabinetto politico, che cambierà il corso degli eventi italiani e ci condurrà verso una Terza Repubblica, certo migliore della Seconda, ma che, con tutta probabilità, scioglierà finalmente i nodi, rimasti intatti, che avevano determinato la caduta della Prima.
Tratto da Rivoluzione Liberale