“IL RISORGIMENTO” SECONDO UN LIBERALE CATTOLICO
“ Risorgimento – esperienze ed insegnamenti “ è l’ultima fatica intellettuale di Antonio Patuelli, edito da Libro Aperto, società editrice, cui dedica da anni la sue migliori energie.
Si tratta di una attenta rilettura della fase storica che portò alla creazione dello Stato Nazionale, attraverso la raccolta di diversi articoli e saggi scritti, pubblicati in un lungo lasso di tempo e riuniti in un contesto unitario, in occasione dei centocinquantesiomo anniversario dell’Unità d’ Italia.
Particolarmente interessante risulta l’approfondimento intorno a personalità, come quelle di Liugi Carlo Farini e Marco Minghetti, entrambi romagnoli, più volte ministri e divenuti successivamente Presidenti del Consiglio, o a quelle, meno note, ma anch’esse importanti, di Pellegrino Rossi e Giuseppe Pasolini. Essi furono, sostanzialmente, gli autori del complesso impianto costituzionale, promulgato da Pio IX, nella sua breve fase liberaleggiante, il 14 marzo 1848, un mese dopo l’emanazione, a Torino, dello Statuto Albertino. Si trattava di un impianto statale inedito, con un Parlamento sostanzialmente diviso in tre Camere: il Consiglio dei Deputati (elettivo), l’Alto Consiglio, (di nomina papale) analogamente a quanto avveniva in quasi tutti gli stati dell’epoca per le rispettive Camere Alte ed, infine, il Collegio dei Cardinali, che, pur mantenendo tutte le proprie funzioni di carattere religioso e spirituale, venne definito Senato. Al di sopra vi era l’Autorità papale. Significativa ed alquanto bizzarra, la previsione che “condizione necessaria pel godimento dei diritti politici” era la professione della religione cattolica.
La breve stagione liberaleggiante di Papa Mastai Ferretti, di fatto, si concluse con il famoso discorso in cui dichiarò che non avrebbe preso parte alcuna, né aiutato, la guerra di indipendenza dell’Italia, cui seguirono le dimissioni dei ministri laici Pasolini e Minghetti. Il 15 novembre 1848 l’assassinio di Pellegrino Rossi sulla scalinata del grande Palazzo della Cancelleria, alla presenza dello stesso Farini, costituì l’atto finale di una esperienza costituzionale che mal si conciliava con la tradizione assolutistica del potere temporale della Chiesa. Il minuzioso racconto di tali vicende, da parte di Antonio Patuelli, liberale e cattolico, fa trasparire una personale sofferenza, ma, allo stesso tempo, la netta prevalenza della sua vocazione democratica e laica, rispetto alla stessa fede religiosa ed al doveroso rispetto per le gerarchie della Chiesa.
Tutto il suo interessante lavoro di ricostruzione della vicenda unitaria italiana è, come d’altronde appare logico, romagnacentrico, trattandosi della terra alla quale è legato e la cui storia sente come la stessa propria storia, quasi identificandosi con i personaggi più eminenti, in primo luogo Farini e Minghetti, che ne rappresentarono, più di ogni altro, lo spirito indomito e la ferma volontà di conseguire l’Unità Nazionale. Traspare tutto l’orgoglio romagnolo nella descrizione degli avvenimenti che portarono ai referendum per l’annessione di quelle provincie al Regno, ancora denominato Sardo Piemontese e nell’enfatizzare il risultato plebiscitario.
Particolarmente interessanti le pagine, ricavate in gran parte dal carteggio di Cavour, che descrivono il rapporto di grande stima da parte di quest’ultimo nei confronti di Farini, al quale dette atto di una lungimiranza straordinaria, anche in occasioni in cui egli stesso era apparso diffidente e cui affidò il compito di redigere il testo del Discorso della Corona, che poi venne pronunciato da Vittorio Emanuele II nella seduta inaugurale del Parlamento Italiano a Palazzo Carignano, nella nuova sala realizzata nell’area del vecchio cortile, poiché la vecchia aula era troppo piccola per ospitare il nuovo più numeroso Parlamento.
Tra tanti episodi e retroscena interessanti, l’autore rende molto bene l’atmosfera di ansia che si respirava, dopo l’impresa di Garibaldi e la conquista del Regno di Napoli, per la diffusa preoccupazione di un intervento armato di Francia ed Austria in difesa dei Borbone per realizzare una restaurazione analoga a quella avvenuta dopo i moti rivoluzionari del 1848. Allo stesso tempo viene descritta, con dovizia di particolari, l’attività diplomatica di Cavour ed il sempre apprezzato apporto di Carlo Maria Farini.
La parte conclusiva del volume, dopo aver riferito della breccia di Porta Pia e della conseguente frattura tra Stato Italiano e Santa sede, si sofferma sulla delicata fase del disgelo, partendo da Caporetto, per parlare dopo del ruolo non secondario dei Gesuiti ed infine proponendo una spiegazione, da cattolico, delle ragioni, tutte di carattere fideistico della beatificazione di Pio IX, inaccettabile per ogni spirito laico.
Un testo scritto piacevolmente, intriso di cultura liberale e sicuramente da leggere.